Spunta di nuovo l’ipotesi dell’Inceneritore del Mela. Noi siamo pronti a lottare e fermarlo un’altra volta

A distanza di 3 anni e mezzo dalla bocciatura del progetto dell’inceneritore A2A di San Filippo del Mela, ottenuta dopo un’avvincente lotta durata 4 anni, spunta di nuovo l’ipotesi del mega-inceneritore.

Il “protagonista” resta A2A, ma stavolta il quadro è quello di un avviso regionale volto a raccogliere le aziende interessate alla realizzazione di due inceneritori (uno in Sicilia occidentale e uno in Sicilia orientale).

Stando alla stampa è trapelato che a quest’avviso hanno risposto 7 società, tra cui la A2A [1]. Ufficialmente i siti prescelti non sono ancora stati decisi, ma, come afferma un articolo pubblicato oggi su Repubblica, “la presenza fra i potenziali candidati di A2A, che controlla la centrale di San Filippo del Mela, potrebbe fare propendere il piatto della bilancia verso la provincia di Messina”, ovvero proprio la valle del Mela.

Da parte nostra siamo pronti a riprendere la lotta contro questo eco-mostro inutile e inquinante: l’abbiamo già fermato una volta e ci riusciremo anche una seconda volta.

Intanto l’avviso indetto sui 2 inceneritori regionali risulta viziato da evidenti profili di illegittimità, come evidenziato nel ricorso, presentato l’estate scorsa dall’Associazione Rifiuti Zero Sicilia, a cui abbiamo collaborato dal punto di vista tecnico e che seguiamo da vicino. Un ricorso che entrerà nel vivo non appena l’ipotesi si farà più concreta ed a cui si potrà aggiungere ovviamente ogni altra azione necessaria al caso, tra cui la mobilitazione del territorio.

Note:

[1] https://palermo.repubblica.it/cronaca/2022/02/16/news/due_termovalorizzatori_in_sicilia_sette_aziende_in_corsa_dalla_rap_si_a_un_impianto_a_bellolampo-337934479/

Finalmente le prescrizioni sanitarie tornano alla ribalta nel dibattito sulla Raffineria

Venerdì si è tenuto un consiglio comunale straordinario a San Filippo del Mela sulla Raffineria di Milazzo. Pur non condividendo la scelta di non invitare le associazioni del territorio, dobbiamo constatare che finalmente il dibattito sembra essere stato ricondotto sui giusti binari.

Per settimane non si è parlato d’altro che delle lamentele della RAM per un limite di importanza secondaria sul camino E10. Lamentele dai toni spesso allarmistici, nonostante da anni lo stesso limite venga applicato senza problemi su altre raffinerie analoghe, come ad esempio quella di Augusta (che non è certo ai primi posti per rispetto dell’ambiente).

Ben più rilevante è la questione delle prescrizioni sanitarie, ovvero quei limiti indispensabili alla tutela della salute pubblica che nell’ultimo decreto autorizzativo sono stati illegittimamente omessi dal Ministero, sebbene correttamente espressi dai Sindaci di Milazzo e San Filippo del Mela.

Si è trattato certamente di un affronto nei confronti dei due Sindaci, ma anche e soprattutto di un grave sopruso a danno degli oltre 100 mila abitanti della valle del Mela e dintorni, che così facendo continuerebbero ad essere esposti ad ingiustificati rischi per la propria salute.

Proprio sul mancato recepimento di tali prescrizioni il Sindaco Gianni Pino ha annunciato un ricorso al TAR contro l’ultimo decreto AIA. Questo è l’elemento più concreto emerso nel corso del Consiglio straordinario. Ed in effetti, al di là di sterili polemiche e inutili giri di parole, è proprio questa la cosa principale da fare per tutelare tutto il territorio.

Il ricorso peraltro avrebbe tutte le carte in regola per vincere. E’ infatti palese l’abuso del Ministero, considerato che il recepimento delle prescrizioni sanitarie dei Sindaci è obbligatorio ai sensi dell’art. 29-quater, comma 6, del codice dell’ambiente. Evidentemente il Ministero ha preferito violare la legge pur di negare alla valle del Mela il diritto di respirare aria più pulita.

Che importa al Ministero se senza quelle prescrizioni i cittadini sono esposti a valori di SO2 di gran lunga superiori a quelli raccomandati dall’OMS? O se le emissioni fuggitive – puzzolenti e nocive -di idrocarburi volatili continueranno a impestare il territorio senza alcun limite? Che gliene importa delle patologie in eccesso nella valle del Mela, tra cui le malformazioni congenite (+80%, il dato più grave d’Italia!), la mortalità perinatale (+78%), l’asma, l’acromegalia (+136%), nonchè i vari tumori (al polmone, alla tiroide, al cervello, alla mammella, ecc…, per non parlare dei linfomi).

Le prescrizioni sanitarie rappresentano ad oggi l’unica speranza concreta di coniugare salute e lavoro nella valle del Mela. Per ottemperarle basterebbe implementare le migliori tecnologie disponibili, ma la Raffineria da 4 anni cerca di delegittimarle, diffondendo confusione e inesattezze.

Da parte nostra ribadiamo la piena legittimità e l’obbligatorietà delle prescrizioni sanitarie. Pertanto non potremo che sostenere il ricorso del Comune di San Filippo del Mela affinchè venga loro data attuazione a vantaggio di tutto il comprensorio. 

Raffineria, la bufala della chiusura. Le prescrizioni sanitarie rimangono l’unica speranza per la valle del Mela

Tanto rumore per nulla. Una marea di articoli di stampa, comunicati sindacali, prese di posizione di politici, addirittura un servizio del TG Regione: tutti allarmati per la prossima chiusura della Raffineria di Milazzo. Tanto da accendere le speranze di molti cittadini per i quali, comprensibilmente, questa non sembrava proprio una cattiva notizia.

Eppure era una bufala. Forse pochi se ne sono accorti, ma il tanto paventato limite sul camino E10 è già entrato in vigore da 2 settimane, assieme al Decreto AIA pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio [1]. Eppure la tanto sbandierata chiusura della Raffineria non è avvenuta.

Nel frattempo la RAM ha ottenuto la convocazione al Ministero dello Sviluppo Economico per “spiegare le difficoltà che manifesta” (poverina), mentre continua la cortina fumogena sul vero scandalo dell’ultimo Decreto AIA: la illegittima eliminazione, senza alcun esplicito motivo, delle prescrizioni a tutela della salute, sebbene obbligatorie per legge (vedi art. 29-quater, comma 6, del codice ambientale). Il tutto per evitare alla RAM limiti ritenuti fastidiosi (e poi si lamenta pure).

A differenza di quanto accaduto nel 2018, stavolta l’eliminazione delle prescrizioni è avvenuta senza il consenso dei Sindaci interessati, rendendo ancora più palese la sua illegittimità: è la prima volta che un’Autorizzazione Integrata Ambientale viene approvata senza il consenso dei Sindaci, le uniche autorità cui compete la tutela della salute pubblica, secondo le norme procedurali. Cos’altro è necessario per capire che questa Autorizzazione viola il diritto alla salute dei cittadini e quindi la Costituzione?

Un fatto molto grave, addirittura di portata nazionale, che stampa e politica sembrano ignorare. Tuttavia pare che i Sindaci ne abbiano parlato con il Ministro Cingolani, assieme però alla richiesta di rivedere il limite lamentato dalla RAM sul camino E10. Gli organi di stampa hanno ovviamente dato più risalto a quest’ultima richiesta: si spera che non lo abbiano fatto anche i Sindaci con il Ministro.

In ogni caso c’è da scommettere che, almeno sulla questione delle prescrizioni sanitarie, il Ministero non abbia alcuna voglia di tornare sui propri passi. A riprova di ciò, il Ministero ha da poco pubblicato sul proprio portale quasi tutta la documentazione prodotta all’interno dell’ultimo riesame dell’AIA [2]. Osservazioni, controdeduzioni, le varie bozze del PIC: non manca nulla, tranne il documento più importante: il parere dei Sindaci con le relative prescrizioni sanitarie. Quasi che il Ministero voglia addirittura far finta che non esista.

Ma in cosa consistono queste prescrizioni? Anche se non sono state pubblicate, vengono citate nelle osservazioni che la RAM ha presentato contro le prescrizioni. Osservazioni che, paradossalmente, sono invece state pubblicate [3].

Si può così apprendere che le prescrizioni riguardano essenzialmente limiti sulla SO2 e sulle emissioni odorigene.

Riguardo alla SO2, in passato abbiamo già evidenziato come le emissioni della sola Raffineria (senza quindi considerare gli effetti cumulativi con le altre industrie) siano già di per sè sufficienti a produrre ricadute che, in un ampio comprensorio che va da Barcellona fino quasi a Villafranca, superano il valore soglia raccomandato dall’OMS, costituendo quindi un concreto rischio per la salute pubblica (il valore di picco lo supera addirittura di oltre 5 volte!). Questo almeno secondo i calcoli della stessa RAM, riportati in un documento tenuto segreto dal Ministero per 4 anni (e infine pubblicato solo grazie alla nostra insistenza) [4]. Oggi il Ministero della Salute e quello della Transizione Ecologica fanno di nuovo finta che questo documento non esista e hanno sostituito le prescrizioni sanitarie dei Sindaci con la richiesta alla RAM di fornire entro 150 giorni dei dati (quelli sulle ricadute) che già conosciamo da anni.

I limiti previsti nelle prescrizioni sanitarie sarebbero capaci di rendere le ricadute delle emissioni più coerenti con le raccomandazioni OMS, riducendo di molto i rischi sanitari. Per rispettarli la RAM non dovrebbe fare altro che implementare le BAT (migliori tecnologie disponibili) su alcuni camini, cosa che peraltro in passato la RAM aveva già dichiarato di poter fare almeno in gran parte (ad esempio convertire a gas gli impianti Topping), ma che poi non ha fatto. Peraltro implementando tali tecnologie verrebbero abbattuti anche gli altri macroinquinanti (polveri, NOx e CO2) con ulteriori vantaggi ambientali.

Per quanto riguarda le emissioni odorigene, il limite individuato nelle prescrizioni sanitarie è identico a quello già recepito dal gruppo istruttore nel precedente riesame complessivo dell’AIA 2018, ma poi venuto meno grazie all’accordo-truffa dei Sindaci dell’epoca con la RAM. Tra l’altro l’esigenza di porre un limite (finora inesistente) a tali emissioni viene riconosciuta anche dal codice dell’ambiente, che con l’art. 272-bis delega in tal senso non solo le regioni, ma anche le singole Autorizzazioni Integrate Ambientali.

In ogni caso l’importanza sanitaria di tale limite riguarda non solo il fastidio che deriva dall’odore molesto (già di per sè sufficiente ad inficiare la qualità della vita e l’integrità psico-fisica dei cittadini esposti), ma, nel caso delle raffinerie di petrolio, anche la natura dei composti chimici che ne sono alla base. In passato abbiamo più volte evidenziato come le emissioni odorigene della Raffineria sono costituite, stando a quanto riportato da Arpa Sicilia, principalmente da emissioni fuggitive (quindi non emesse dai camini) di idrocarburi non metanici. Uno studio della Regione Puglia ha dimostrato una correlazione tra ricadute dei COV emessi da petrolchimici (costituiti in gran parte da idrocarburi non metanici) ed eccessi di malformazioni congenite. E nella valle del Mela sappiamo che c’è, stando all’ultimo rapporto Sentieri, l’eccesso di malformazioni congenite più grave d’Italia (+80% rispetto ai casi attesi).

Insomma si tratta di prescrizioni che, al netto delle promesse e dei discorsi che sentiamo da decenni, rappresentano l’unica concreta speranza di coniugare salute e lavoro nella valle del Mela.

L’obiettivo adesso è quindi un ricorso al TAR per riconoscere la validità delle prescrizioni sanitarie. Un ricorso che si potrebbe vincere facilmente, a meno di gravi faziosità della magistratura, vista la chiara evidenza dei vizi procedurali che sono stati compiuti con la loro eliminazione.

Logica vorrebbe che questo ricorso venga presentato dai Sindaci che le hanno espresse. Ma la logica, in un contesto inquinato non solo dalle emissioni nocive, ma anche dalle minacciose bufale della RAM, dei sindacati e della stampa, spesso viene meno.

Che senso ha infatti tutto questo allarmismo su una chiusura inesistente, tutto questo baccano per un limite ridicolo sul camino E10, già applicato da anni senza problemi alla Raffineria di Augusta (tanto per fare un esempio)?

Le risposte possibili sono essenzialmente due e probabilmente sono entrambe vere. Da un lato si spaccia questo limite ridicolo per un limite insormontabile, come se necessitasse di chissà quale riconversione, per ottenere magari finanziamenti pubblici (finanziamenti che abbiamo chiesto anche noi, ma affinchè la Raffineria si riconvertisse sul serio, abbandonando l’utilizzo di combustibili molto inquinanti, non certo per adeguarsi a questo limite ridicolo).

Dall’altro la minaccia della chiusura serve a distogliere i Sindaci dal proposito di presentare ricorso contro la vera gravissima pecca dell’ultimo decreto AIA, ovvero l’eliminazione delle prescrizioni sanitarie. Si tratta di una battaglia che necessita dell’intervento di associazioni e cittadini della valle del Mela, purchè nella giusta direzione: ora più che mai è necessario rompere il muro di gomma sulle prescrizioni sanitarie e richiamare i Sindaci alle proprie responsabilità di tutela della salute.

Note:

[1] https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1899/4266?Testo=&RaggruppamentoID=2258#form-cercaDocumentazione

[2] https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1899/11106

[3] https://va.minambiente.it/File/Documento/565369

[4] https://cittadinicontroinceneritore.org/2020/09/20/un-documento-nascosto-per-4-anni-inchioda-la-raffineria-il-territorio-ammorbato-dalle-sue-emissioni/

Il paradosso della RAM: la fa di nuovo franca sulle prescrizioni sanitarie e si lamenta pure

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Il Ministro Cingolani ha firmato il Decreto di modifica dell’A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale) della Raffineria di Milazzo. Il decreto è palesemente illegittimo in quanto non ha recepito le prescrizioni sanitarie dei sindaci, che avrebbero garantito la salute pubblica attraverso una ponderata riduzione dell’inquinamento.

 E’ paradossale che, benché ancora una volta le prescrizioni sanitarie siano state illegittimamente eliminate (stavolta senza il consenso dei sindaci), l’azienda, per bocca dei soliti accoliti sindacali,  paventi comunque un presunto rischio di chiusura.

In particolare la RAM si lamenta del limite di 20 mg/m3 previsto per i COV (composti organici volatili) emessi dal camino E10. Un limite inserito nell’AIA non per fare un dispetto alla RAM (figurarsi!), bensì perché, grazie ad un ricorso di vari comuni della valle del Mela, la verificazione disposta dal TAR ha accertato quello che dal 2018 abbiamo sempre evidenziato: la mancanza (o meglio, l’omissionedi diversi limiti, tra cui per l’appunto quello per i COV del camino E10.

Il limite inserito è del tutto identico a quello già applicato da anni alle altre raffinerie siciliane (ad esempio quella di Augusta). Peraltro finora la RAM ha sempre dichiarato che le emissioni di COV dal camino E10 fossero nulle o trascurabili, tant’è che non venivano neanche monitorate.

Pertanto se oggi la RAM si lamenta di non poter rispettare il limite di 20 mg/m3 significa che in passato ha dichiarato il falso sulla trascurabilità di tali emissioni?

Ma in definitiva cosa c’è di vero su questo paventato rischio di chiusura? Probabilmente ben poco: la verifica del rispetto di tale limite è affidata alla stessa RAM, mediante autocontrolli da effettuarsi ogni 6 mesi, in un giorno ed in un orario a proprio piacimento. Difficile credere che la chiusura della Raffineria possa derivare da una simile barzelletta.

E’ più verosimile che la Raffineria stia adottando la vecchia strategia del “lamentati se vuoi star bene”.

In effetti questa strategia si sta rivelando molto utile per distrarre sindaci e opinione pubblica dal vero grave sopruso perpetrato ancora una volta a danno della valle del Mela: l’eliminazione delle prescrizioni sanitarie.

Ridicolo il “contentino” escogitato per sostituire le prescrizioni: la RAM dovrà calcolare le ricadute delle proprie emissioni presso recettori individuati niente meno che dall’ASP di Messina (come se gli abitanti della valle del Mela non fossero tutti recettori validi).

Peccato che le ricadute delle emissioni sono già state calcolate dalla RAM (l’immagine nella copertina di questo articolo rappresenta proprio tali ricadute) e sono già state prese in considerazione nelle prescrizioni sanitarie dei Sindaci.

Insomma le prescrizioni sanitarie sono state eliminate con la scusa della necessità di dati che ci sono già e che sono già stati utilizzati per calibrare le prescrizioni stesse.

In altre parole, gli arroganti burocrati ministeriali non si sono presi neanche la briga di leggere le prescrizioni che hanno preteso di eliminare.

Ma quello che più conta è che le prescrizioni sanitarie erano e rimangono ineliminabili, in quanto da acquisire e recepire obbligatoriamente ai sensi dell’art. 29-quater, comma 6, del codice.

Quello che a questo punto dovrebbero fare i Sindaci, anziché inseguire le lamentele della Raffineria, dovrebbe essere ricorrere al TAR contro questa grave ingiustizia, nonché presentare un esposto al tribunale competente, visto che non è escluso che la vicenda possa avere anche profili penali

Il gioco sporco del Ministero e della Raffineria per negare il diritto alla salute nella valle del Mela

Lunedì 13 dicembre si è svolta la Conferenza dei servizi sul riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale della Raffineria di Milazzo. La Conferenza è stata convocata per discutere sulle “prescrizioni sanitarie” espresse dai Sindaci di Milazzo e San Filippo del Mela, che consentirebbero, per la prima volta da 60 anni, di tutelare la salute pubblica attraverso limiti più restrittivi sulle emissioni.

Nel corso della Conferenza la Raffineria ha sollevato anche un’altra questione, di cui si è parlato negli ultimi giorni su alcuni organi di stampa.

LA QUESTIONE DELLE PRESCRIZIONI SANITARIE

La buona notizia è che, a differenza di quanto avvenuto nel 2018, stavolta i Sindaci non hanno ritirato le proprie prescrizioni. Tuttavia il funzionario ministeriale che ha presieduto la Conferenza, supportato dal rappresentante unico delle amministrazioni statali e da quello della Città metropolitana di Messina, ha deciso, con un atto arbitrario senza precedenti, di eliminare le prescrizioni dei Sindaci, violando palesemente il comma 6 dell’art. 29-quater del codice, che obbliga l’Autorità competente ad acquisire e recepire le suddette prescrizioni sanitarie.

Un atto di una gravità inaudita, che nega il diritto alla salute dei cittadini, e che potrebbe avere risvolti non solo nell’ambito della giustizia amministrativa (ricorsi al TAR), ma anche in quella penale. Di fatto le puntali prescrizioni dei Sindaci, supportate da decine e decine di pagine di approfondita ed aggiornata istruttoria, sono state sostituite da una sorta di mini-parere di poche righe licenziato da qualche burocrate del Ministero della salute, dai contenuti fumosi e fuorvianti.

Secondo tale mini-parere solo dopo (non prima!) del rilascio dell’A.I.A. la RAM dovrebbe chiarire l’entità delle ricadute delle proprie emissioni sul territorio. Sulla carta questo dovrebbe farlo entro 150 gg. dal rilascio dell’A.I.A., ma anche tale termine lascia il tempo che trova, per il semplice fatto che il parericchio invoca la collaborazione niente meno che dell’A.S.P. di Messina (campa cavallo!), che notoriamente non si è mai occupata di inquinamento industriale e che non inizierà a farlo di certo adesso in tempi celeri.

Peraltro l’autore di questo “parericchio” sembrerebbe non conoscere non solo il territorio, ma neanche le carte della procedura, perchè l’entità delle ricadute delle emissioni sul territorio (o almeno quelle stimate dalla RAM) sono già note da tempo, almeno fin da quando siamo riusciti a far pubblicare il famoso “Allegato D6“, un documento presentato dalla stessa RAM che il Ministero per anni ha tenuto nascosto (vedi: https://cittadinicontroinceneritore.org/2020/09/20/un-documento-nascosto-per-4-anni-inchioda-la-raffineria-il-territorio-ammorbato-dalle-sue-emissioni/).

Infatti nelle prescrizioni sanitarie dei Sindaci si fa esplicito riferimento al fatto che “che da tale documentazione [l’Allegato D6, NdR], senza considerare gli effetti cumulativi con le emissioni autorizzate di altri impianti industriali contermini, si evincono ricadute in termini di concentrazione media giornaliera di SO2 che superano abbondantemente il valore soglia raccomandato dall’OMS (20  µg/m³) in una vasta area della Città Metropolitana di Messina ed in modo particolare nel territorio del Comune di San Filippo del Mela”.

Quanto riportato nel parere dei due Sindaci si evince chiaramente in questa rappresentazione grafica dell’Allegato D6:

Quindi, ricapitolando, le puntuali e ben motivate prescrizioni dei Sindaci sono state sostituite da un parericchio che chiede semplicemente al gestore di pubblicare dati che sono già pubblici e che sono già stati presi in considerazione nelle prescrizioni dei Sindaci.

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La questione sollevata dalla Raffineria e da alcuni sindacati

Come dicevamo, nel corso della Conferenza dei servizi la Raffineria ha sollevato anche un’altra questione, che nulla ha a che vedere con le prescrizioni sanitarie dei Sindaci. La RAM ha dichiarato, a quanto pare senza produrre alcuna dimostrazione sul piano tecnico, di non poter rispettare il valore limite di 20 mg/m3 per i COV emessi dal cosiddetto “impianto zolfo“. Si tratta di un limite di scarsa rilevanza sanitaria che è stato proposto, assieme ad altri limiti analoghi, già nel mese di agosto dai tecnici della “Commissione AIA“. Risale infatti ad agosto la prima bozza del “PIC“, il documento che contiene i valori limite da applicare nell’autorizzazione. Proprio su tale bozza la RAM ha presentato a settembre le proprie osservazioni, senza tuttavia lamentare affatto una presunta impossibilità tecnica di raggiungere quel limite: se ne sono accorti soltanto adesso?

Tra l’altro, nella documentazione prodotta dalla stessa RAM in precedenza, si dichiara che le emissioni di COV dall’impianto zolfo sono pari a zero! E adesso si lamentano di non poter rispettare un limite di 20 mg/m3?? Delle due l’una: o hanno dichiarato il falso in passato o lo stanno facendo adesso. In ogni caso sempre di menzogne si tratta. Per capire dove e quando hanno mentito, siamo andati a controllare i limiti applicati all’impianto zolfo di altre raffinerie analoghe.

La seguente tabella, estrapolata dalla vigente A.I.A. della Raffineria di Augusta, mostra interessanti informazioni sulle emissioni dell’impianto zolfo, che ad Augusta afferisce al camino E26 (a Milazzo corrisponde al camino E10):

Come si può notare, anche ad Augusta è stato prescritto lo stesso identico limite di 20 mg/m3 per i COV: se sono capaci di rispettarlo alla Raffineria di Augusta non si capisce perchè dovrebbe essere un problema farlo alla Raffineria di Milazzo. Peraltro le emissioni dichiarate dalla Raffineria di Augusta per tale parametro sono pari a zero (in corrispondenza delle colonne “Concentrazione rappresentativa” e “Flusso di massa rappresentativo” è riportato semplicemente un trattino). Si tratta di dichiarazioni che corrispondono quindi perfettamente a quelle rese dalla RAM in precedenza.

Insomma tutto lascerebbe pensare che la RAM stia mentendo adesso, cercando di creare un po’ di allarmismo tra i lavoratori per un limite che, al contrario di quello che si vorrebbe far credere, non ha nulla di eccezionale e non è neanche granchè restrittivo.

Ma qual è il senso di questo teatrino, con tanto di richieste di aiuto alla città pubblicate sulla Gazzetta per una paventata impossibilità di continuare l’attività della Raffineria? Richieste di aiuto subito accolte dal Sindaco e dal consiglio comunale di Milazzo, che proprio ieri sera ha convocato una seduta straordinaria su questa presunta problematica. Richieste di aiuto paradossali che stanno facendo passare in secondo piano la questione ben più seria e grave della illegittima eliminazione delle prescrizioni sanitarie.

Che sia una delle solite trovate della Raffineria da utilizzare come arma di distrazione di massa e come strumento per avere i vari giornali, politici ed amministratori ai loro piedi?

RAM, altro che assenza di rischi! Smentita la FAKE NEWS istituzionale: superato il limite per la SO2

Non bastava l’inquinamento dell’aria e del suolo prodotto dalla Raffineria, ci voleva pure l’inquinamento dell’informazione con notizie false prodotte dalle istituzioni pubbliche! Cioè da parte di chi dovrebbe tutelare i cittadini, anzichè ingannarli.

Il 7 ed il 24 agosto il territorio è stato invaso da nubi giallastre ed una puzza pestilenziale sprigionate dalla raffineria. Il 27 agosto la Prefettura di Messina ha diramato un comunicato secondo cui l’ARPA non avrebbe rilevato, in occasione di tali eventi, “sostanze a rischio per la salute pubblica” [1]. Oggi quella assurda dichiarazione risulta clamorosamente smentita dai documenti ufficiali della stessa ARPA, che mostrano una realtà ben diversa.

I tecnici dell’ARPA hanno infatti elaborato una relazione sulla qualità dell’aria registrata in concomitanza con “l’evento incidentale occorso presso la Raffineria di Milazzo il giorno 24 agosto 2021” [2].

La relazione riporta “il superamento del valore limite orario per la protezione della salute umana per il biossido di zolfo” (SO2) nella centralina di Barcellona Pozzo di Gotto, nonchè “alcuni spike di concentrazione media oraria di SO2 in altre stazioni”.

In particolare alle ore 18 del 24 agosto a Barcellona è stato registrata la media oraria di 969 µg/m³, mentre il valore limite è di 350 µg/m³.

Altro che assenza di rischi per la salute. A tal proposito la stessa relazione dell’ARPA evidenzia che “i valori guida dell’OMS sono stati superati sia in riferimento al giorno sia ai periodi medi della durata di 10 minuti”.

Tali valori sono stati individuati sulla base delle evidenze scientifiche internazionali: il loro superamento comporta significativi rischi per la salute pubblica.

Ad esempio l’OMS raccomanda per la SO2 il valore soglia di 20 µg/m³, espresso come media nelle 24 ore. Il valore medio misurato a Barcellona nell’arco delle 24 ore è stato di 65 µg/m³, vale a dire più del triplo della soglia raccomandata dall’OMS.

Purtroppo la legislazione italiana non ha ancora recepito i valori soglia raccomandati dall’OMS. Ciononostante persino l’attuale limite di legge sulla media oraria è stato superato del 176% (969 µg/m³ vs 350 µg/m³)! Ciò è molto significativo, in quanto si tratta di un evento generalmente raro: negli ultimi anni, tra tutte le stazioni di misurazione regionali, solo nella valle del Mela è stato rilevato diverse volte [3].

I valori preoccupanti riportati nella relazione dell’ARPA sono conseguenti alle emissioni della Raffineria di Milazzo? Secondo la relazione, vi è “una buona compatibilità” tra le emissioni della RAM ed i superamenti registrati a Barcellona. Infatti “è possibile che i fumi abbiano avuto un comportamento di tipo cross-over…ricadendo al suolo…in prossimità della stazione Barcellona Pozzo di Gotto”. Ricordiamo peraltro che la SO2 ha origine quasi esclusivamente industriale e che la Raffineria di Milazzo, già in condizioni “normali”, rappresenta la principale fonte di SO2 di tutto il comprensorio.

Se quel giorno la SO2 emessa dalla Raffineria ha investito prevalentemente Barcellona, rischi simili (o anche più gravi) riguardano ovviamente qualsiasi centro abitato della valle del Mela e dintorni. Già in occasione dell’altro evento del 7 agosto, l’ARPA aveva avvertito vari comuni in merito a picchi di SO2 registrati a Milazzo e Barcellona. Inoltre in tale occasione sono stati registrati picchi di benzene e idrocarburi a Milazzo e Pace del Mela. I picchi di benzene, in particolare, hanno superato di 8-9 volte i valori medi annuali.

Considerando tutto quanto sopra è evidente quanto sia inattendibile il comunicato della Prefettura del 27 agosto nella parte in cui afferma che, in occasione dei recenti disservizi alla raffineria, l’ARPA non avrebbe rilevato la “presenza di sostanze a rischio per la salute pubblica”.

Com’è nata questa clamorosa fake news istituzionale? Chi ne è il responsabile? Qual era il suo scopo? Buttare acqua sul fuoco, ingannando i cittadini? Coprire le responsabilità della Raffineria?

Domande inquietanti a cui la Prefettura farebbe bene a dare una risposta, oltre a rettificare chiedendo scusa alla cittadinanza. In caso contrario non farebbe altro che alimentare la sfiducia dei cittadini ed i facili sospetti di inaccettabili complicità e connivenze.

Note:

[1] https://www.interno.gov.it/it/notizie/messina-situazione-raffineria-milazzo-sul-tavolo-prefettura

[2]

[3] Purtroppo la legge attuale ammette che si possa derogare tale limite fino a 24 volte in un anno.

La Raffineria può inquinare quanto vuole: per l’ARPA e l’ASP va bene così. Cittadini non solo avvelenati, ma anche raggirati

Nelle ultime settimane la valle del Mela ha subito due gravi episodi di inquinamento da parte della Raffineria di Milazzo. In entrambi i casi il comprensorio è stato invaso da una densa nube giallastra accompagnata da una puzza insopportabile avvertita in un’area molto estesa.

Dopo il primo episodio (7 agosto), abbiamo appreso che l’ARPA e l’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale) di Messina hanno inviato ad alcuni comuni della zona delle comunicazioni: l’ARPA avrebbe segnalato la presenza di picchi di anidride solforosa (SO2) e benzene nelle ore successive al malfunzionamento, mentre l’ASP avrebbe raccomandato un “accurato lavaggio di frutta e verdura prima del loro consumo”.

Il 24 agosto si è verificato un altro episodio ancora più grave del primo. La richiesta di atti concreti a tutela della salute pubblica è quindi diventata ancora più pressante: bisognava correre ai ripari.

Presto fatto: il 27 agosto si è tenuta alla Prefettura di Messina una riunione con il Sindaco di Milazzo, i Direttori della RAM, dell’ARPA di Messina e dell’ ASP di Messina. Risultato? Un comunicato secondo cui l’ARPA non avrebbe rilevato la “presenza di sostanze a rischio per la salute pubblica”.

Un’affermazione molto grave, innanzitutto perchè all’ARPA non competono valutazioni di tipo sanitario (abusivo esercizio della professione medica?) e poi perchè smentita dai fatti: la presenza di sostanze a rischio per la salute pubblica viene rilevata e misurata continuamente. Le misurazioni delle centraline (peraltro non esaustive di tutte le sostanze pericolose per la salute) non danno io mai come risultato ‘zero’. Quindi affermare che non vi è presenza di sostanze a rischio per la salute è paradossale, tanto più a seguito dei picchi di SO2 e benzene che la stessa ARPA ha segnalato nella prima nota inviata ai comuni.

L’ARPA avrebbe semmai potuto affermare che non sono stati registrati superamenti dei limiti, che è cosa ben diversa: ciò confermerebbe semmai l’inadeguatezza dei limiti (cosa risaputa anche da vari organi tecnici ‘governativi’), non certo l’assenza di rischi per la salute.

Basti pensare al fatto che per alcune sostanze pericolose per la salute (come ad esempio l’idrogeno solforato o gli idrocarburi non metanici) non è in atto previsto alcun limite. O al fatto che il benzene produce effetti cancerogeni scientificamente accertati anche a concentrazioni infinitesimali, di molto inferiori rispetto ai limiti di legge (che infatti vengono sempre rispettati manifestando la propria inutilità). Anche sui cosiddetti macroinquinanti (SO2, polveri, NOx) l’OMS ha raccomandato valori molto inferiori rispetto ai limiti cui fa riferimento l’ARPA.

Nei mesi scorsi abbiamo invitato la cittadinanza ad utilizzare l’app “NOSE” dell’ARPA per la segnalazione degli odori molesti, ma abbiamo notato che i cittadini sono alquanto diffidenti sull’ARPA. Il 24 agosto la puzza asfissiante proveniente dalla raffineria è stata avvertita in un ampio comprensorio ove risiedono circa 100 mila persone. Lo testimoniano non solo gli innumerevoli commenti al riguardo sui social, ma anche note stampe e comunicazioni di diversi esponenti che a vario titolo ricoprono o hanno ricoperto cariche pubbliche in vari comuni della zona, tra cui i più popolosi, Milazzo e Barcellona. Lo stesso sindaco di Milazzo Midili ha reso noto “che molti cittadini hanno chiamato il Comune per segnalare forti odori insopportabili a seguito della nube che ha invaso il territorio“. Eppure quante sono state le segnalazioni all’ARPA tramite l’app “NOSE”? Praticamente zero. Non ci vuole molto a capire il perchè: i cittadini non hanno alcuna fiducia nell’ARPA. Dopo queste ultime dichiarazioni, come dargli torto?

Nella stessa riunione del 27 agosto l’ARPA ha inoltre assicurato che saranno effettuate analisi sulla ricaduta al suolo delle sostanze emesse dall’impianto a seguito dei due malfunzionamenti. Ma come? Se le sostanze pericolose fossero davvero assenti che senso avrebbero le analisi sulle ricadute al suolo?

Dal canto loro gli esponenti dell’ASP hanno invece affermato che non sono stati registrati accessi al pronto soccorso relativi ai malfunzionamenti RAM e che proseguirà il monitoraggio in tal senso. Ma gli effetti dell’inquinamento raramente sono immediati: si tratta nella gran parte dei casi di effetti cronici. Cosa ne pensa l’ASP del +80% di malformazioni congenite nella valle del Mela, rilevato nell’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità? O del +78% di mortalità entro il primo anno di vita per condizioni morbose perinatali, per la quale la stessa ISS ha evidenziato una probabile correlazione con ‘gli impianti petrolchimici’ della zona? O del +20% di parti pretermine? O del +136% di acromegalia? E di tutte le altre criticità sanitarie riscontrate nei vari studi epidemiologici? (Basta cercare su Google ‘stato di salute valle del mela’ per trovare una relazione di sintesi).

Quali contromisure/prescrizioni ha preso o raccomandato l’ASP di Messina al riguardo? Assolutamente nulla. Non ci venite quindi a dire che tutto è sotto controllo. E state attenti: la gente è stufa di insopportabili complicità e connivenze.

Continua la lotta contro le autorizzazioni pro-inquinamento rilasciate alla Raffineria: pronto un nuovo ricorso

Nel nostro precedente articolo

abbiamo parlato della perdita di gasolio da un serbatoio della Raffineria e del recente aggiornamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Quest’ultimo, anzichè introdurre prescrizioni più adeguate a prevenire incidenti simili (era stato avviato apposta) ha finito paradossalmente per renderle più morbide.

Tre comuni della valle del Mela (Santa Lucia del Mela, Merì e Monforte San Giorgio) hanno risposto positivamente al nostro appello per un nuovo ricorso al TAR contro questo ennesimo perculamento della valle del Mela. Invitiamo anche le altre amministrazioni interessate ad intervenire ad adiuvandum nel ricorso che verrà presentato a breve.

Ricordiamo che al TAR di Catania è già pendente un altro ricorso – di importanza cruciale – presentato da 7 comuni della valle del Mela sull’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla Raffineria nel 2018. Un’autorizzazione viziata dall’illegittimo depennamento delle prescrizioni sanitarie che erano state individuate nel corso della procedura e che avrebbero garantito una sensibile riduzione dell’inquinamento per tutelare la salute dei cittadini.

Sul finire del 2020 questo ricorso ha segnato un grosso punto a proprio favore: la consulenza tecnica disposta dal TAR gli ha dato ragione. Tuttavia il TAR, con una scelta discutibile, ha rinviato la decisione all’esito di un nuovo riesame dell’A.I.A. nel frattempo disposto furbescamente dal Ministero.

Di certo c’è che le procedure di rilascio e/o riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale della Raffineria di Milazzo spesso e volentieri risultano macchiate da evidenti vizi ed illegittimità, che per la cittadinanza si traducono in una ingiustificata esposizione a gravi rischi per la salute. Tali procedure sono guidate da tecnici e funzionari del Ministero dell’Ambiente, ma vedono la partecipazione anche delle amministrazioni comunali di Milazzo e San Filippo del Mela, oltre che della Regione e della Città Metropolitana.

Gli attuali Sindaci di Milazzo e San Filippo del Mela, prima della loro elezione, si erano detti disponibili a collaborare con le associazioni e i comitati più competenti e/o con le altre amministrazioni del territorio. Cosa che purtroppo non è avvenuta nel riesame AIA conclusosi da poco e che non sta avvenendo con il riesame AIA tutt’ora in corso. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: autorizzazioni illegittime che costringono le associazioni e le altre amministrazioni a lunghi ricorsi per veder riconosciuto il diritto alla salute dei cittadini.

Finalmente una proposta di legge per ridurre l’inquinamento nelle valle del Mela e nelle altre aree inquinate…verrà mai approvata?

Abbiamo più volte evidenziato come le norme vigenti non tutelino adeguatamente la salute dei cittadini nelle aree più inquinate, per l’assenza o l’eccessiva morbidezza di limiti considerati scomodi dagli inquinatori.

Ad esempio nessun limite è previsto per le emissioni odorigene, che, nel caso dei petrolchimici, sono rappresentate soprattutto da emissioni fuggitive di idrocarburi volatili. Nelle aree ove insistono tali industrie, come la valle del Mela o il siracusano, le emissioni di questo tipo rappresentano un rilevante problema sanitario, sia perché procurano nella popolazione condizioni di disagio psico-fisico, sia perché, secondo alcune evidenze scientifiche, l’esposizione cronica ad alcune sostanze ad esse collegate potrebbe avere un ruolo nell’insorgenza di alcune condizioni morbose in eccesso (ad esempio le malformazioni congenite).

Negli ultimi giorni il Ministro dell’Ambiente Costa ed alcuni parlamentari locali hanno diffuso la notizia di una proposta di legge che mira a dare una risposta a questo problema. Tale proposta non stabilisce direttamente dei limiti sulle emissioni odorigene, ma se approvata creerebbe le premesse affinchè dei limiti vengano effettivamente imposti, tramite un dpcm attuativo ed apposite leggi regionali che diventerebbero obbligatorie (e non più facoltative).

In realtà la proposta di legge risale al dicembre 2018 e nessun parlamentare della provincia di Messina risulta tra i firmatari (la prima firmataria è l’On. Ilaria Fontana, deputata M5S della provincia di Frosinone). La novità di questi giorni è che, finalmente, dopo ben due anni di attesa, è iniziato il suo esame alla Commissione Ambiente della Camera.

Invece non ha finora avuto la stessa “fortuna” una proposta di legge ben più “radicale”, che interessa specificatamente la valle del Mela. Si tratta della proposta dell’On. Nino Germanà sull’ Istituzione della Zona di interesse strategico turistico ambientale nazionale della Valle del Mela. Qualora tale proposta venisse approvata, le industrie non potrebbero più ottenere il rinnovo delle autorizzazioni nella valle del Mela, nè chiederne di nuove. Inoltre sarebbero favoriti, grazie ad importati agevolazioni fiscali, la riconversione e lo sviluppo del settore turistico della zona.

Tale proposta di legge, presentata nel settembre 2018, è stata poi assegnata all’esame congiunto delle Commissioni Ambiente e Attività produttive. Tuttavia da allora il suo esame non è mai iniziato. Speriamo che non sussista alcun veto all’esame di tale proposta per il fatto che provenga da un deputato dell’opposizione. Da questo punto di vista ci appelliamo ai deputati locali affinchè mettano al primo posto l’interesse del territorio su quello di partito.

Per approfondire:

Proposta dell’On. Ilaria Fontana concernente il controllo delle emissioni di sostanze emananti odore: https://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.1440.18PDL0053910.pdf

Proposta dell’On. Germanà sull’ Istituzione della Zona di interesse strategico turistico ambientale nazionale della Valle del Mela: https://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.1197.18PDL0029820.pdf

Musumeci vuole un inceneritore: il modo migliore per rimanere sommersi dai rifiuti e dipendenti dalle discariche

Poche settimane fa abbiamo dato la splendida notizia dell’annullamento del “decreto inceneritori”, grazie ad alcuni ricorsi di varie associazioni, a cui abbiamo contribuito anche noi [1]. Tale decreto, varato nel 2016, prevedeva 2 mega-inceneritori in Sicilia. Una vittoria che agli inceneritoristi di “casa nostra” (o forse dovremmo scrivere “cosa nostra”?) brucia assai, tanto che una testata regionale fa la negazionista, sostenendo – contro ogni evidenza – che il decreto in questione “resta vigente”.

Ovviamente le sentenze non si possono cambiare, ma il loro tentativo è quello di condizionare il Governo regionale, facendogli credere che il decreto inceneritori sia ancora in piedi. Un inganno che effettivamente potrebbe aver funzionato con il Presidente Musumeci, che in una recente intervista sembra non essersi accorto dell’annullamento della “legge” che prevede gli inceneritori in Sicilia [2]. Nella stessa intervista Musumeci ha dichiarato: “Non escludo di ricorrere molto presto almeno ad un termovalorizzatore per avviare il percorso di uscita dall’emergenza rifiuti”.

Peccato che questa eterna rincorsa agli inceneritori, inaugurata nel lontano 2002 da Totò Cuffaro (poi condannato per favoreggiamento mafioso) [3], si e’ rivelata finora il modo migliore per lasciare la Sicilia sommersa dai rifiuti e per continuare a far arricchire i padroni delle discariche.

Nel 2002 voleva farne 4 (nell’affare c’era anche Cosa Nostra). Totò Cuffaro, già in carcere per favoreggiamento mafioso, oggi è il primo ad esultare per l’inceneritore annunciato da Musumeci

La normativa prevede che gli inceneritori possano essere realizzati solo per smaltire quel minimo residuo di secco non riciclabile che, si e no, vale circa il 5% dei rifiuti (come peraltro ammesso nel vigente Piano regionale dei rifiuti).

Ora, il problema della Sicilia è smaltire siffatta quota residuale o piuttosto il restante 95% dei rifiuti? Perchè allora si pensa ossessivamente agli inceneritori e non piuttosto agli impianti che servono veramente per risolvere l’emergenza? Siamo sommersi dai rifiuti per l’assenza di impianti di compostaggio, di selezione e di recupero di materia: sono questi gli impianti più urgenti da realizzare, come peraltro previsto dalla legge. Impianti che costerebbero molto meno degli inceneritori e la cui realizzazione richiederebbe molto meno tempo.

Per fare un inceneritore, tra programmazione, iter autorizzativo e realizzazione, passerebbero almeno 5 anni (se tutto va bene): quale emergenza vuole risolvere quindi il Presidente Musumeci con gli inceneritori? Forse l’emergenza che tra 5 anni ci ritroveremo ancora per non aver fatto nel frattempo gli impianti che servono davvero? Ma così facendo neanche fra 5 anni risolveremo nulla, perchè le ceneri ricche di diossina prodotte dagli inceneritori continuerebbero a riempire le discariche siciliane al ritmo di centinaia di migliaia di tonnellate ogni anno. Che nel frattempo saranno ormai sature.

Invitiamo il Presidente Musumeci e tutti i fan degli inceneritori ad andare a Reggio Calabria: una delle province (al pari della Sicilia) più belle e suggestive d’Italia, ma purtroppo anche la provincia più sommersa dai rifiuti (ebbene si, peggio ancora della Sicilia) [4]. Guarda caso in provincia di Reggio Calabria è attivo un inceneritore (sorpresa!) che, come volevasi dimostrare, non risolve nulla. E sapete perchè? Per l’assenza di impianti di compostaggio e riciclaggio.

La situazione in provincia di Reggio Calabria, dove da 15 anni è attivo un inceneritore

Quale modello vogliamo seguire allora per risolvere l’emergenza? Il “modello Reggio” (cioè inceneritore + strade piene di monnezza) o il “modello Treviso”, dove non ci sono inceneritori, quasi tutti i rifiuti vengono riciclati e si paga la tassa sui rifiuti più bassa d’Italia?

Perchè i politici parlano sempre di inceneritori e mai degli impianti che servono veramente? Cui prodest?

Note:

[1] https://cittadinicontroinceneritore.org/2020/10/08/vittoria-annullato-il-decreto-inceneritori-il-ricorso-delle-associazioni-ha-sconfitto-il-governo/

[2] Nell’intervista recentemente pubblicata su BlogSicilia (https://www.blogsicilia.it/palermo/lemergenza-rifiuti-si-supera-con-un-termovalorizzatore-musumeci-non-escludo-di-deliberarne-la-realizzazione/558746/), il Presidente Musumeci, in riferimento alla asserita contrarietà del Ministro Costa sugli inceneritori, Musumeci afferma: “Ciascuno con le proprie competenze. peraltro il Ministro non è d’accordo neanche con i suoi uffici. Ho grande rispetto per il suo ruolo ma la legge è chiara”.

[3] https://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/08/termovalorizzatori-in-sicilia-lultima-affare-di-cosa-nostra-una-torta-da-sei-miliardi-di-denaro-pubblico/70174/

[4] http://www.strettoweb.com/foto/2020/07/rifiuti-reggio-calabria-via-palermo/1035026/