Il paradosso della RAM: la fa di nuovo franca sulle prescrizioni sanitarie e si lamenta pure

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Il Ministro Cingolani ha firmato il Decreto di modifica dell’A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale) della Raffineria di Milazzo. Il decreto è palesemente illegittimo in quanto non ha recepito le prescrizioni sanitarie dei sindaci, che avrebbero garantito la salute pubblica attraverso una ponderata riduzione dell’inquinamento.

 E’ paradossale che, benché ancora una volta le prescrizioni sanitarie siano state illegittimamente eliminate (stavolta senza il consenso dei sindaci), l’azienda, per bocca dei soliti accoliti sindacali,  paventi comunque un presunto rischio di chiusura.

In particolare la RAM si lamenta del limite di 20 mg/m3 previsto per i COV (composti organici volatili) emessi dal camino E10. Un limite inserito nell’AIA non per fare un dispetto alla RAM (figurarsi!), bensì perché, grazie ad un ricorso di vari comuni della valle del Mela, la verificazione disposta dal TAR ha accertato quello che dal 2018 abbiamo sempre evidenziato: la mancanza (o meglio, l’omissionedi diversi limiti, tra cui per l’appunto quello per i COV del camino E10.

Il limite inserito è del tutto identico a quello già applicato da anni alle altre raffinerie siciliane (ad esempio quella di Augusta). Peraltro finora la RAM ha sempre dichiarato che le emissioni di COV dal camino E10 fossero nulle o trascurabili, tant’è che non venivano neanche monitorate.

Pertanto se oggi la RAM si lamenta di non poter rispettare il limite di 20 mg/m3 significa che in passato ha dichiarato il falso sulla trascurabilità di tali emissioni?

Ma in definitiva cosa c’è di vero su questo paventato rischio di chiusura? Probabilmente ben poco: la verifica del rispetto di tale limite è affidata alla stessa RAM, mediante autocontrolli da effettuarsi ogni 6 mesi, in un giorno ed in un orario a proprio piacimento. Difficile credere che la chiusura della Raffineria possa derivare da una simile barzelletta.

E’ più verosimile che la Raffineria stia adottando la vecchia strategia del “lamentati se vuoi star bene”.

In effetti questa strategia si sta rivelando molto utile per distrarre sindaci e opinione pubblica dal vero grave sopruso perpetrato ancora una volta a danno della valle del Mela: l’eliminazione delle prescrizioni sanitarie.

Ridicolo il “contentino” escogitato per sostituire le prescrizioni: la RAM dovrà calcolare le ricadute delle proprie emissioni presso recettori individuati niente meno che dall’ASP di Messina (come se gli abitanti della valle del Mela non fossero tutti recettori validi).

Peccato che le ricadute delle emissioni sono già state calcolate dalla RAM (l’immagine nella copertina di questo articolo rappresenta proprio tali ricadute) e sono già state prese in considerazione nelle prescrizioni sanitarie dei Sindaci.

Insomma le prescrizioni sanitarie sono state eliminate con la scusa della necessità di dati che ci sono già e che sono già stati utilizzati per calibrare le prescrizioni stesse.

In altre parole, gli arroganti burocrati ministeriali non si sono presi neanche la briga di leggere le prescrizioni che hanno preteso di eliminare.

Ma quello che più conta è che le prescrizioni sanitarie erano e rimangono ineliminabili, in quanto da acquisire e recepire obbligatoriamente ai sensi dell’art. 29-quater, comma 6, del codice.

Quello che a questo punto dovrebbero fare i Sindaci, anziché inseguire le lamentele della Raffineria, dovrebbe essere ricorrere al TAR contro questa grave ingiustizia, nonché presentare un esposto al tribunale competente, visto che non è escluso che la vicenda possa avere anche profili penali

La Transizione Ecologica nella valle del Mela? Impedita da industrie e poteri forti, ma non diamogliela vinta

Viviamo in un periodo che sicuramente passerà alla storia non solo per la pandemia e la crisi che ne è seguita, ma anche per la svolta verde che sembra aver preso l’economia. Le energie rinnovabili sono in forte crescita, la cosiddetta Green Economy vola nelle borse, mentre Elon Musk, il fondatore di Tesla, la principale casa produttrice di auto elettriche, è diventato l’uomo più ricco del pianeta. I governi di mezzo mondo sono pronti a massicci investimenti per contrastare la crisi economica scaturita dalla pandemia, ma dicono di volerlo fare in una direzione ben precisa: quella della “rivoluzione verde”, della “transizione ecologica” e della “decarbonizzazione” (ovvero la riduzione delle emissioni di CO2 dalle fonti di energia). Del resto il pianeta sta andando incontro ad una crisi climatica senza precedenti e non c’è più tempo da perdere.

Ma in concreto cosa significano queste nuove parole d’ordine per la Valle del Mela, da decenni messa in ginocchio da grosse industrie inquinanti? Pochi si sono resi conto che la decarbonizzazione, di cui oggi politici e giornalisti si riempiono la bocca, avrebbe potuto essere applicata nella valle del Mela già da 3 anni. Infatti proprio tre anni fa i Sindaci competenti, forse anche sull’onda della mobilitazione e di una inedita coscienza ambientale del territorio, si decisero finalmente a fare il proprio dovere, dettando le prescrizioni necessarie a tutelare la salute pubblica nell’ambito dell’ Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) della Raffineria. Per adempiere a tali prescrizioni la Raffineria avrebbe dovuto fare essenzialmente due cose:

  • per l’appunto “decarbonizzare”, ovvero sostituire i combustibili oleosi con combustibili gassosi, molto meno inquinanti sia in termini di CO2 che di polveri, metalli pesanti, SO2 e NOx;
  • introdurre degli accorgimenti per limitare le copiose emissioni fuggitive di idrocarburi volatili.

Ma la Raffineria si scagliò contro le prescrizioni sanitarie spalleggiata da certi sindacati fiancheggiatori. Addirittura anche amicizie influenti nel MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) intervennero in aiuto dell’insensata crociata contro la decarbonizzazione. Alla fine la RAM convinse in extremis i due Sindaci a firmare un accordo truffa, riuscendo così a scongiurare, con il beneplacito del Ministero dell’Ambiente, le prescrizioni sanitarie.

Una vicenda non certo regolare dal punto di vista amministrativo, tant’è che si trova al centro di un famoso ricorso presentato pochi mesi dopo al TAR di Catania. In un primo momento i giudici riconobbero l’urgenza del ricorso, considerate le gravi implicazioni sulla salute pubblica dei fatti contestati, e ne stabilirono la trattazione alla prima data utile, ovvero nel febbraio 2019. Ma poi (chissà come mai), vennero sostituiti da altri giudici che non sembrano finora aver riconosciuto tale urgenza. Infatti la decisione, per un motivo o per un altro, è stata di volta in volta rimandata. 

Nel frattempo anche il Commissario Straordinario di San Filippo del Mela ed il Sindaco Metropolitano di Messina dell’epoca si accorsero del grave errore e chiesero al nuovo Ministro dell’Ambiente Costa di correggerlo. Si trattava in pratica di annullare la famigerata Conferenza dei servizi, evidentemente illegittima, che fece fuori le prescrizioni sanitarie. Analoga richiesta l’abbiamo fatta anche noi, in una lettera consegnata brevi manu e discussa con il Ministro durante la sua visita a Milazzo del maggio 2019. Ma il Ministro Costa nulla ha fatto in questo senso, permettendo alla Raffineria di continuare ad inquinare indisturbata.

Un’altra occasione mancata di decarbonizzazione è stata quella del Piano di tutela della qualità dell’aria, approvato dalla Regione nell’estate 2018. Le misure del Piano si articolavano in due step:  il primo, riconosciuto come raggiungibile anche dalla stessa RAM, sarebbe entrato in vigore nel 2022, mentre l’altro, contestato dai gruppi petroliferi, nel 2027. In entrambi i casi si trattava sempre di decarbonizzare le raffinerie, ovvero di sostituire i combustibili oleosi con quelli gassosi. Ripartì la solita crociata anti-decarbonizzazione, con il pieno coinvolgimento di sindacati fiancheggiatori e mass-media. Dal canto suo, il governo regionale si mostrò disposto a venire incontro ai petrolieri. Ma a togliergli le castagne al fuoco ci pensarono i giudici del Tar di Palermo, che dopo ben otto mesi di “riflessione” decisero di annullare tutti i limiti previsti nel Piano per raffinerie e altre industrie inquinanti, scongiurando anche stavolta la decarbonizzazione.

Capitolo chiuso quindi? Non di certo. Nel novembre 2020 il verificatore nominato dal Tar di Catania ha dato ragione al ricorso contro l’AIA della Raffineria di Milazzo: ha riconosciuto che l’accantonamento delle prescrizioni sanitarie ha fatto sparire persino diversi limiti già vigenti prima del 2018. Pur di non andare incontro ad una sconfitta certa, il Ministero dell’Ambiente ha quindi deciso di avviare un nuovo riesame dell’A.I.A. della Raffineria, chiedendo, con questa scusa, l’ennesimo rinvio (accordato) della decisione dei giudici del Tar di Catania. 

È ovvio che nell’ambito di questo riesame si ripresenta l’obbligo per i Sindaci competenti di esprimere le necessarie prescrizioni a tutela della salute pubblica. Il 2021 sarà quindi l’anno decisivo per le prescrizioni sanitarie e la decarbonizzazione della Raffineria? Certamente è un obiettivo concreto per il quale il territorio (cittadini, associazioni ed enti locali) si deve battere.

Come sappiamo nella Valle del Mela c’è anche una grossa centrale termoelettrica. Negli ultimi anni a livello nazionale le fonti rinnovabili (eolico, solare, ecc…) hanno sostituito buona parte della produzione termoelettrica. Sgravare la valle del Mela da tale produzione era una delle promesse del controverso elettrodotto di Terna.  Invece, in controtendenza con quanto avviene a livello nazionale, la valle del Mela rischia di subire un incremento della produzione termoelettrica e anche un ulteriore impianto (ridondante) di bilanciamento della rete, proposto dalla Duferco

Infatti il “combinato disposto” delle nuove Centrali A2A e Duferco, sebbene a metano, potrebbe far crescere le emissioni di NOx del 444% rispetto alle emissioni registrate nel 2019 da parte della odierna Centrale A2A. Gli NOx sono tra i principali precursori dell’ozono troposferico, specie nella valle del Mela dove si combina con gli elevati livelli di idrocarburi non metanici. Una delle principali criticità ambientali che la rete Arpa è riuscita a rilevare nella valle del Mela è proprio il superamento dei valori di ozono (e per rilevarlo la rete Arpa, con le note carenze, vuol dire che la situazione è davvero grave). 

Chiaramente le emissioni della Centrale Duferco sarebbero largamente inferiori rispetto a quelle di A2A o della RAM, ma comunque non trascurabili. Almeno il progetto della nuova Centrale A2A prevede la fermata (e si spera anche lo smantellamento, come abbiamo chiesto) della vecchia Centrale, con conseguenti innegabili vantaggi ambientali sui livelli di polveri e SO2. Invece il progetto Duferco non prevede la fermata di alcun vecchio impianto e la sua funzione di bilanciamento della rete potrebbe essere benissimo assolta dal nuovo impianto A2A. Insomma, oltre il danno la beffa: non solo la valle del Mela continuerà a sacrificarsi per l’interesse nazionale, ma lo farà anche senza alcun criterio logico.

Sul progetto della nuova Centrale A2A abbiamo chiesto prescrizioni volte a scongiurare l’incremento degli NOx, oltrechè allo smantellamento della vecchia centrale. Sulla nuova Centrale Duferco, invece, abbiamo anche inviato al Ministro dell’Ambiente un dettagliato ricorso gerarchico contro la decisione, palesemente illegittima, di escluderla dalla Valutazione di Impatto Ambientale. Lo stesso hanno fatto anche alcuni cittadini di Pace del Mela, ma dal Ministro Costa abbiamo ottenuto solo un imbarazzante silenzio. Cosa farà ora il nuovo Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani?