La Regione autorizza una nuova centrale termoelettrica a Pace del Mela

L’Assessore regionale all’ambiente Elena Pagana ha firmato una nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) per la centrale termoelettrica “peaker” che la Duferco intende realizzare a Pace del Mela.
Un atto incurante del grave inquinamento presente nella valle del Mela e dell’impatto cumulativo che il nuovo impianto provocherebbe.

Proprio due settimane fa abbiamo inviato all’Assessore una dettagliata e circostanziata nota tecnica in cui abbiamo evidenziato i vizi di legittimità della procedura di autorizzazione, diffidandolo dall’aggravare ulteriormente l’inquinamento nella valle del Mela, già a livelli pericolosi.
Evidentemente l’interesse dell’industria è stato ritenuto più importante della salute dei cittadini.

Dopo il via libera del Ministero dell’Ambiente nel 2020, che non ha voluto sottoporre il progetto a Valutazione di Impatto Ambientale, la Regione ha rilasciato una prima autorizzazione nel 2021.
A seguito del ricorso di alcuni cittadini che avevano aderito al nostro appello, la prima autorizzazione è stata annullata dal TAR.

Tuttavia adesso la Regione, su richiesta della Duferco, ha rilasciato una nuova autorizzazione che riproduce in gran parte i vizi della prima.
In particolare non è stato correttamente valutato l’impatto cumulativo del nuovo impianto con l’elevato inquinamento già esistente.

Le emissioni del nuovo impianto sarebbero tutt’altro che trascurabili: ad esempio è stata autorizzata l’emissione di 68 tonnellate l’anno di ossidi di azoto (NOx), senza considerare le emissioni aggiuntive che si produrrebbero ad ogni ciclo di spegnimento e riavvio dell’impianto. Trattandosi di un impianto “peaker” tali cicli potrebbero essere molto frequenti, cosicchè le emissioni complessive effettive potrebbero essere molto maggiori.

Ovviamente non è il momento di arrendersi.

Abbiamo combattuto e sconfitto l’inceneritore del Mela proprio per mantenere un punto fermo: nella valle del Mela non è possibile aggiungere nessun altro impianto inquinante, con bruciatori e ciminiere, ma bisogna semmai ridurre l’inquinamento.

Per vincere quest’altra importante battaglia la strada obbligata adesso è un altro ricorso al TAR.
Ma abbiamo bisogno della vostra adesione: CONTATTATECI per maggiori info.

NB: L’adesione al ricorso è totalmente gratuita per i cittadini con reddito inferiore a 11.700€

Nuova bomba sulla valle del Mela: emissioni centrale A2A decuplicate. Parlamentari locali complici o in silenzio (che vergogna!)

Neanche il tempo di festeggiare la vittoria definitiva sull’inceneritore [1], che una nuova bomba minaccia la valle del Mela. Si tratta di un “regalo” del governo e del parlamento uscenti, che, pur di fare a meno del gas russo, hanno deciso di pompare al massimo le centrali termoelettriche più inquinanti ed obsolete che esistano, ovvero quelle a carbone ed ad olio combustibile. Tra queste vi è la centrale A2A di San Filippo del Mela, le cui emissioni potrebbero aumentare di oltre il 1000%: una prospettiva inaudita che moltiplicherebbe i già insalubri livelli di inquinamento ed i rischi per la salute dei cittadini, facendoci tornare indietro di circa 40 anni.

La “massimizzazione dell’impiego” delle centrali termoelettriche “che utilizzino carbone o olio combustibile” è prevista dall’art. 5bis, comma 2, del D.L. 14/2022 (anche chiamato “Decreto Ucraina”) [2]. Come se non bastasse, lo stesso articolo, al comma 3, prevede per tali centrali la possibilità di derogare (ovvero superare) i limiti previsti nelle Autorizzazioni Integrate Ambientali e/o nella normativa nazionale.

Quando succederà tutto questo?

Il programma di massimizzazione delle centrali a carbone e olio combustibile è già in atto. Infatti lo scorso mese Terna, sollecitata da un apposito atto del Ministro Cingolani, ha dichiarato che il “programma di massimizzazione” decorre dal 19 settembre 2022, pubblicando l’elenco delle centrali coinvolte, tra cui quella di San Filippo del Mela [3].

Quanto durerà?

La norma in questione non prevede un termine preciso, parlando solo di “periodo stimato di durata dell’emergenza”. In alcune interviste Cingolani ha pronosticato una durata di 2 anni, ovvero il tempo che lui pensa serva per sostituire il gas russo con quello di altri fornitori. In realtà tale sostituzione non è per nulla facile e non potrebbe di certo avvenire in 2 anni, perchè richiederebbe ad esempio la realizzazione di molti rigassificatori, ipotesi peraltro giustamente avversata dalle comunità locali interessate.

Perchè le emissioni della centrale potrebbero aumentare di oltre il 1000%?

Per capirlo bisogna confrontare le emissioni della centrale registrate negli ultimi anni con quelle previste “alla massima capacità produttiva”, ovvero se la centrale funzionasse ininterrottamente al massimo. Le prime sono consultabili nelle “dichiarazioni ambientali” pubblicate sul portale di A2A (per approfondire vedi la nota [4]). Ad esempio per il 2018 vengono riportate le seguenti emissioni complessive:

Questi rappresentano i dati più aggiornati pubblicati da A2A, ma consultando le dichiarazioni ambientali relative agli anni precedenti, si può notare come col passare degli anni le emissioni della centrale siano via via diminuite: pertanto è verosimile che dopo il 2018 le emissioni siano state inferiori.

Quali sarebbero invece le emissioni della centrale se venisse utilizzata al massimo? Ce lo dice sempre A2A in uno Studio di Impatto Ambientale [4]:

Si tratta delle emissioni stimate qualora i gruppi della centrale funzionassero ininterrottamente, ovvero 8760 ore all’anno. Come si può notare, tali valori sono circa 10 volte superiori rispetto alle emissioni del 2018. Come si spiega questa enorme discrepanza? Semplice, a fronte di una produzione elettrica che ultimamente si è aggirata intorno agli 800 GW all’anno (vedi nota [4]), la potenza massima nominale della centrale è di 960 MWh all’ora, che in un anno fanno 8409 GW, vale a dire 10 volte tanto!

Quindi “pompare al massimo” la centrale significherebbe di fatto decuplicarne le emissioni. Ad esempio le emissioni di NOx passerebbero dalle 244 t del 2018 a 2409 t, che corrisponde ad un incremento dell887%. Senza considerare che nel 2021 probabilmente le emissioni sono state inferiori a 244 t, quindi l’incremento rispetto agli ultimi anni sarebbe ancora maggiore. Ma non basta, il valore previsto di 2409 t è stato calcolato applicando i limiti vigenti nell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Invece, come abbiamo già anticipato, il cosiddetto “decreto Ucraina” prevede che tali limiti possano essere superati. Quindi le emissioni di NOx potrebbero essere addirittura ben maggiori di 2409 t/anno, così come quelle di SO2 potrebbero essere ben maggiori di 2486 t/a! Ecco perchè l’incremento delle emissioni potrebbe superare alla fine il 1000%.

E i cittadini pagano, sia in salute che con le bollette

Nell’ultimo decennio l’utilizzo del carbone e dell’olio combustibile è diventato economicamente sconveniente rispetto alle energie rinnovabili. Per porre rimedio a questa sconvenienza economica, le centrali a carbone ed ad olio combustibile verranno incentivate con dei fondi che paghiamo noi, cittadini inquinati e tartassati, nelle bollette già ultrasalate. Infatti il Ministro Cingolani il 1 settembre ha firmato un atto con cui ha chiesto ed ottenuto dall’Arera (Autorità di regolamentazione dell’energia) tariffe incentivanti per le centrali in questione, “in modo da massimizzarne l’utilizzo … a reintegrazione degli eventuali maggiori costi sostenuti” [6].

Chi ha deciso questa porcata? Che hanno fatto i politici locali che abbiamo eletto in parlamento?

Già nel mese di febbraio questa porcata è stata approvata all’unanimità dal Consiglio dei Ministri del governo Draghi, all’interno del DL 16/2022. Successivamente lo stesso governo Draghi l’ha fatta confluire con un apposito emendamento nell’art. 5bis del DL 14/2022 (il cosiddetto “decreto Ucraina”). Qualcuno dall’opposizione (in particolare l’On. Giovanni Vianello di “Alternativa”) ha provato a scongiurarla con dei contro-emendamenti, che però sono stati bocciati dalla maggioranza. Infine il “decreto Ucraina” è stato approvato sia dalla Camera che dal Senato con l’annessa porcata dell’art. 5bis, diventando legge a tutti gli effetti nel mese di aprile. Hanno votato a favore tutti i partiti che sostenevano il governo Draghi, più (alla Camera) Fratelli d’Italia.

Purtroppo noi abbiamo appreso la notizia solo nel mese di settembre, quando ha cominciato a circolare su qualche organo di informazione online. Infatti, come abbiamo visto, proprio a settembre il “programma di massimizzazione” delle centrali a carbone e olio combustibile è divenuto realtà.

Ma vediamo che posizione hanno assunto a tal riguardo i parlamentari della provincia di Messina, che nella passata legislatura erano ben 12 (10 alla Camera e 2 al Senato). Si sono forse preoccupati di difendere la salute dei propri concittadini?

Macchè: di questi 12, solo uno ha votato contro il provvedimento (l’On. uscente Alessio Villarosa). Altri sei deputati (Germanà, Bucalo, Raffa, Papiro, Lo Monte, Timbro) non hanno partecipato alla votazione, mentre ben 5 hanno addirittura votato a favore:

  • La sen. Barbara Floridia, rieletta nella nuova legislatura e nominata capogruppo del M5S al Senato;
  • L’On. Matilde Siracusano (Forza Italia), rieletta nella nuova legislatura, anche se non a Messina bensì nel collegio di Catania;
  • L’ On. uscente Pietro Navarra (PD);
  • La sen. uscente Grazia D’Angelo (M5S);
  • L’ On. uscente Francesco D’Uva (ex M5S, poi passato ad “Impegno civico”);

Per chi volesse verificare, le votazioni dei deputati sono riportate sul portale della Camera (vedi nota [7]), mentre quelle dei senatori su Openpolis (vedi [8]).

Non sappiamo se i parlamentari in questione abbiano compreso la gravità del provvedimento in questione per la valle del Mela. Ad ogni modo, complicità cosciente o inconsapevole poco cambia: sta di fatto che nell’unica occasione della legislatura in cui erano chiamati a difendere la valle del Mela, quasi tutti i parlamentari locali non l’hanno fatto.

Ma non dovevano smantellare la vecchia centrale e convertirla a metano?

Recentemente A2A ha presentato il progetto per la realizzazione di una nuova centrale a metano, che nel mese di marzo ha superato la Valutazione di Impatto Ambientale. Nell’ambito di tale procedura abbiamo ottenuto, grazie alle nostre osservazioni fatte proprie anche da molti cittadini e dall’amministrazione comunale di Monforte San Giorgio, che il progetto prevedesse anche lo smantellamento della vecchia centrale ad olio combustibile, a cominciare dalle ciminiere, vero e proprio “pugno nell’occhio” per mezza provincia. Si è trattato di un’importante vittoria per il futuro della valle del Mela, che però ora rischia di essere procrastinata sine die dal “decreto Ucraina”.

Quali le possibili soluzioni per questa porcata?

Bisognerebbe innanzitutto modificare l’art. 5bis del “decreto Ucraina”, ad esempio prevedendo un termine preciso e non troppo lontano per il regime di massimizzazione e abolendo la possibilità di derogare i limiti delle AIA. Questo richiederebbe, per i nuovi parlamentari locali riconfermati o neoeletti, un interessamento ed una capacità ben maggiori rispetto a quelli dimostrati nella passata legislatura.

Tra i parlamentari riconfermati segnaliamo, oltre alla Sen. Floridia ed all’On. Siracusano (che però è stata rieletta a Catania), anche Nino Germanà, Carmela Bucalo (passati al Senato) e Angela Raffa (riconfermata alla Camera). Tra i neoeletti segnaliamo l’On. Tommaso Calderone, e i deluchiani Francesco Gallo e Dafne Musolino (rispettivamente alla Camera e al Senato).

Note:

[1] https://www.facebook.com/cittadiniValledelMela/photos/a.1183393965022605/6172321639463121/

[2] Il decreto in questione è consultabile al seguente link (bisogna poi selezionare l’art. 5bis e consultare i commi 2 e 3): https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2022-02-25&atto.codiceRedazionale=22G00024&atto.articolo.numero=2022&atto.articolo.sottoArticolo=1&atto.articolo.sottoArticolo1=10&qId=&tabID=0.15886801618702562&title=lbl.dettaglioAtto

[3] https://www.terna.it/it/sistema-elettrico/pubblicazioni/news-operatori/dettaglio/comunicazione-delibera-430-2022

[4] Fino al 2019 A2A ha pubblicato periodicamente le “dichiarazioni ambientali” relative all’anno precedente. Per trovarle basta cercare su Google la seguente dicitura: dichiarazione ambientale centrale san filippo del Mela, aggiungendo l’anno interessato. Ad esempio i dati relativi alle emissioni complessive ed alla produzione elettrica del 2018 sono riportati a pag. 51 della Dichiarazione Ambientale del 2019, pubblicata al seguente link: https://s3-eu-west-1.amazonaws.com/a2a-be/a2a/2019-07/dich-amb-2019-san-filippo.pdf?null

[5] Lo Studio di Impatto Ambientale in questione è scaricabile al seguente link: https://va.mite.gov.it/File/Documento/393408 . Mentre a pag. 69 sono riportate le emissioni complessive registrate nel corso del 2017 in ognuno dei 4 gruppi della centrale (che in totale fanno 502 t di SO2, 386 t di NOx, 54 t di CO e 52 t di polveri), a pag. 95 sono riportate le emissioni massime previste nella configurazione attualmente autorizzata. Come si può notare si tratta di valori ben più elevati di quelli riportati a pag. 69, in quanto si tratta delle emissioni stimate qualora i gruppi della centrale funzionassero ininterrottamente, ovvero 8760 ore all’anno (questo concetto viene chiarito meglio in un precedente Studio di Impatto Ambientale, presentato nel 2015 con il progetto dell’inceneritore, scaricabile al seguente link: https://va.mite.gov.it/File/Documento/149307. In particolare, a pag. 116, si veda la Tabella 3.3.11.5e, in cui, in riferimento alle emissioni attualmente autorizzate, si precisa che rappresentano delle stime ottenute “considerando un funzionamento dei gruppi 1, 2, 5 e 6 per 8.760 ore/anno”. La tabella in questione riporta, per la SO2 e le polveri, valori superiori rispetto a quelli riportati nello Studio di Impatto Ambientale più recente sopra menzionato, in quanto l’AIA vigente nel 2015 prevedeva limiti più elevati di quelli attuali).

[6] La delibera con cui Arera, sollecitata dal Ministro Cingolani, ha ridefinito le tariffe per le centrali in questione, è scaricabile al seguente link: https://www.arera.it/it/docs/22/430-22.htm#

[7] https://documenti.camera.it/apps/votazioni/Votazionitutte/schedaVotazione.asp?progrID=risultatiFinStream&Legislatura=18&CDDNATURA=FINALE&PAGESIZE=15&RifVotazione=659_1&tipo=dettaglio&PagCorr=3

[8] https://parlamento18.openpolis.it/votazione/senato/conversione-decreto-ucraina-disegno-di-legge-n-2565-votazione-questione-di-fiducia/29230

Emissioni raffineria: grazie al ricorso dei comuni risparmiate 200 ton. l’anno di idrocarburi, ma non basta. Necessario insistere sulle prescrizioni sanitarie.

Il ricorso al TAR contro l’Autorizzazione della Raffineria di Milazzo, presentato da sette comuni della valle del Mela con il nostro contributo tecnico, ha cominciato a dare i primi risultati tangibili. Tale ricorso ha infatti permesso di accertare la mancanza di alcuni limiti, tra cui il famigerato limite per i “COV” (composti organici volatili, in pratica idrocarburi e simili) emessi dal “camino E10”.

Il Ministero è stato quindi costretto a correggere tale madornale mancanza, inserendo nell’autorizzazione quanto meno i limiti più essenziali: a nulla è servito il finto allarme orchestrato dalla RAM e dai sindacati, con l’aiuto di qualche giornalista asservito, che minacciavano la chiusura se il limite sul camino E10 fosse entrato in vigore. A dispetto di quell’allarme, nel giro di pochi mesi la RAM è stata costretta a ridurre le emissioni di COV dal camino E10 di oltre 30 volte (da circa 600 mg/m3 a meno di 20 mg/m3), senza per questo ridurre (purtroppo) l’operatività dell’impianto.

Ciò permetterà di risparmiare, da quest’anno in poi, emissioni per oltre 200 tonnellate di idrocarburi l’anno. Purtroppo si tratta di un risultato ancora molto parziale, considerato che ogni anno migliaia di tonnellate di idrocarburi vengono emesse dalla Raffineria come emissioni “diffuse” (ovvero non convogliate nei camini), da tempo individuate come responsabili dei fetori insopportabili che spesso invadono la valle del Mela.

L’obiettivo minimo rimane quindi l’applicazione delle prescrizioni sanitarie, già espresse dai Sindaci competenti sulla base di una idonea valutazione sanitaria, ma colpevolmente non recepite dal Ministero. Per questo è importante che i comuni ricorrenti (Pace del Mela, Santa Lucia del Mela, Monforte San Giorgio, San Pier Niceto, Meri, Condrò e Gualtieri Sicaminò) insistano contestando questo grave abuso.

La giustizia amministrativa ha recentemente confermato che senza una valutazione sanitaria e senza le conseguenti prescrizioni sanitarie l’autorizzazione è illegittima. Tuttavia, con una sentenza alquanto singolare, i comuni ricorrenti non sono stati ritenuti idonei a lamentare questa mancanza, come se non li riguardasse. Da qui la necessità di un appello al CGA da parte degli stessi comuni, considerato assodato che i propri cittadini subiscono sulla propria pelle l’assenza delle prescrizioni sanitarie.

Nel frattempo anche il Comune di San Filippo del Mela ha presentato ricorso contro il mancato recepimento (previsto per legge) delle proprie prescrizioni sanitarie nell’ultimo riesame dell’A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale) della RAM. Un episodio scandaloso che meriterebbe provvedimenti anche di natura penale, considerato che mette a rischio la salute di circa 100 mila persone.

E’ quindi inevitabile che prima o poi la giustizia amministrativa riconosca la necessità di recepire le prescrizioni sanitarie nell’A.I.A. della RAM, ma importantissimo è il fattore tempo: ogni lungaggine si traduce inevitabilmente in maggiori rischi per la salute dei cittadini.

Per questo invitiamo le associazioni potenzialmente legittimate e i cittadini interessati ad intervenire nel ricorso del comune filippese, al fine di risvegliarne l’iter, che altrimenti rischia di essere molto lento.

Dicevano che ridurre le emissioni fosse impraticabile: adesso chiedano SCUSA a cittadini e lavoratori

Miracolo! Il limite definito “tecnicamente impraticabile” dai sindacati è stato traguardato in pochi mesi. 

Come al solito, la RAM ha fatto di tutto per evitare questo limite: ha minacciato la chiusura, sguinzagliando proclami allarmistici di sindacati e “giornalisti”, ha chiesto alla politica di far sparire questo limite, ha presentato un ricorso di fatto già respinto dal TAR.

Risultato? Una volta messa alle strette, la RAM non ha potuto far altro che adeguarsi al tanto odiato limite: in soli 2 mesi le emissioni di COV sono crollate da valori di 600 mg/mc (30 volte sopra il limite) a valori inferiori a 20 mg/mc [1]. Come ci sono riusciti? Hanno forse bloccato gli impianti? No, hanno semplicemente ripulito l’idrogeno utilizzato nell’impianto zolfo. E meno male che dicevano che il limite era “tecnicamente impraticabile”!

E’ deplorevole che un’azienda menta spudoratamente per evitare di inquinare di meno.  Deplorevole ma comprensibile: ad un’azienda interessa massimizzare i profitti, non certo tutelare la salute di cittadini e lavoratori. Ma quando queste menzogne provengono dai sindacati, che dovrebbero tutelare quantomeno i lavoratori, assumono un sapore ancora più marcio e vergognoso

Questo è quello che affermavano Pino Foti (FILCTEM-CGIL Messina), Francesco Donato (FEMCA-CISL Messina) e Carlo Caruso (UILTEC-UIL Messina) circa 5 mesi fa in merito al limite previsto per i COV al camino E10:

 “Una misura non prevista per nessun’altra raffineria [in realtà già prevista nelle altre raffinerie, NdR] … e tra l’altro, non raggiungibile tecnicamente … Nonostante ciò quella prescrizione con la firma del decreto diverrà comunque obbligatoria e, poiché tecnicamente impraticabile, determinerà il fermo degli impianti e la conseguente chiusura del sito” [2].

Secondo la stampa locale i sindacati erano pronti alla mobilitazione per questo “limite impraticabile che segnerà la chiusura della Raffineria” [3].

Il 14 gennaio rincarava la dose il segretario generale della Cisl di Messina Antonino Alibrandi: «Siamo preoccupati per il possibile blocco del ciclo produttivo. Il tempo degli allarmi, quelli che abbiamo lanciato negli ultimi mesi … è, di fatto, terminato. Adesso bisogna agire rapidamente » [4].

Ora che il limite “impraticabile” è stato traguardato in soli 2 mesi, lor signori non si vergognano neanche un pochino?

Per quale ragione i sindacati pretendevano che le emissioni di COV al camino E10 continuassero a viaggiare sui 600 mg/mc? Perché mentivano e fomentavano le paure dei lavoratori, asserendo che il limite di 20 mg/mc fosse impraticabile? Lo sanno lor signori che nella valle del Mela sono documentati gravi eccessi di patologie legate probabilmente all’eccessivo inquinamento della raffineria? Lo sanno ad esempio che nella valle del Mela si registra l’eccesso di malformazioni congenite più grave d’Italia? Vogliono assumersi la responsabilità di tutto questo?

Non è certo la prima volta che i sindacati lottano contro ogni ipotetica prescrizione capace di ridurre l’inquinamento. Lo stesso teatrino, con gli stessi proclami allarmistici (limiti impraticabili, che rischierebbero di far chiudere la Raffineria) è andato in scena contro le “prescrizioni sanitarie”, certamente ben più importanti per la salute dei cittadini. Prescrizioni che la RAM – anche grazie al teatrino dei sindacati – è finora riuscita ad evitare: nel 2018 sono stati gli stessi sindaci che avevano espresso le prescrizioni a ritirarle; nel 2021 invece sono stati i funzionari del Ministero ad ometterne il recepimento nell’autorizzazione, con un grave atto arbitrario ed abusivo.

Il rispetto del limite per i COV al camino E10 è una conquista piccola ma significativa, perché indica che ridurre le emissioni si può e si deve, anche quando RAM e sindacati dicono il contrario.

Adesso che sono stati smentiti dai fatti, i sindacalisti pro-inquinamento facciano mea culpa, chiedano scusa e soprattutto la smettano di opporsi contro ogni prescrizione volta a ridurre le emissioni ed i rischi per la salute di cittadini e lavoratori.

Note:

[1] Vedi comunicazione RAM scaricabile al seguente link: https://va.mite.gov.it/File/Documento/633379

Da notare i valori decine di volte inferiori rispetto a quelli evidenziati a febbraio (https://comitatocontroinceneritore.files.wordpress.com/2022/04/proposta_diffida_ispra_mite_0043284_04-04-2022.pdf)

[2] https://www.oggimilazzo.it/2021/12/24/raffineria-di-milazzo-i-sindacati-preoccupati-per-il-futuro-dellazienda-i-nuovi-limiti-imposti-non-sono-sostenibili/

[3] https://www.messinatoday.it/economia/limite-prescrizione-zolfo-raffineria-milazzo-protesta-sindacati.html

[4] https://www.oggimilazzo.it/2022/01/14/raffineria-di-milazzo-il-ministero-della-transizione-ecologica-firma-la-nuova-aia-si-rischia-il-blocco-degli-impianti/

La Raffineria di Milazzo non è a norma: limite superato di 30 volte! Finalmente caduto il muro di menzogne

Prima o poi i nodi vengono al pettine. Nel caso della Raffineria ci sono voluti ben 11 anni. E soprattutto c’è voluto un ricorso al TAR, presentato da 7 comuni della valle del Mela, con l’intervento delle associazioni ed il nostro ausilio tecnico, per scoprire gli altarini.

Gli altarini consistono nel fatto che dal 2011 era previsto il limite di 20 mg/mc per i COV (composti organici volatili, costituiti in prevalenza da idrocarburi). Questo limite era applicato a tutti i camini nel loro complesso, tra cui il camino E10. Tuttavia sul camino E10 le misurazioni non si facevano, in quanto si supponeva che i COV li non ci fossero, prendendo per buone le dichiarazioni della RAM in tal senso. 

Nel 2018 è sopraggiunta una nuova AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), con la quale sono spariti alcuni limiti,  tra cui proprio quello per i COV del camino E10.

Anche per questo vari comuni della valle del Mela hanno presentato ricorso al TAR di Catania, che ha disposto una verificazione, il cui responso ha confermato quanto lamentato dai ricorrenti. Così il Ministero è stato costretto a reinserire i limiti mancanti, tra cui proprio quello per i COV dal camino E10. 

Solo lo scorso dicembre la raffineria si è accorta che al camino E10 i COV ci sono eccome, tanto che all’improvviso ha cominciato a lamentarsi per il limite in questione.

Il Ministero si è quindi deciso a disporre finalmente una campagna di monitoraggi su quel camino, che sono stati effettuati dal 21 al 25 febbraio. I risultati, trasmessi dalla RAM con grave ritardo, sono sconcertanti: i valori misurati si aggirano intorno a 600 mg/mc, a fronte di un limite 30 volte inferiore.

E’ ovvio che questi valori sarebbero stati riscontrati anche in passato, se solo fossero stati misurati.

Adesso che finalmente sono stati scoperti gli altarini (meglio tardi che mai!) la legge prevede che l’autorità competente (cioè il Ministero) stabilisca un termine entro cui la violazione deve essere sanata. Al contrario il Ministero ha diffidato la raffineria senza stabilire un termine preciso.

In compenso ha stabilito la ripetizione di monitoraggi ogni 15 giorni per 6 mesi, mentre la RAM, dal canto suo, ha scoperto di utilizzare idrogeno contaminato da idrocarburi e si è impegnata a sostituirlo con idrogeno più puro per ridurre le emissioni di COV. 

Nel frattempo il TAR ha  sostanzialmente respinto il tentativo della RAM di annullare il limite in questione con un ricorso, dichiarato manifestamente infondato.

Per quanto riguarda invece il ricorso dei comuni, se la contestazione dei limiti mancanti su alcuni camini ha avuto buon esito, lo stesso non si può dire per quella riguardante il ritiro illegittimo delle prescrizioni sanitarie.

Il TAR (con una giudice diversa dal precedente) ha infatti respinto tale contestazione, non in quanto infondata, ma perchè solo le comunità di Milazzo e San Filippo del Mela sarebbero legittimate a contestare la mancata adozione delle prescrizioni sanitarie. Una tesi contraddittoria anche rispetto ad altre parti della stessa sentenza, ove si riconosce che le emissioni della raffineria ricadono anche sui comuni ricorrenti (Pace del Mela, S. Lucia del Mela, S. Pier Niceto, Merì, Monforte S. Giorgio, Condrò e Gualtieri) e non solo. Pertanto si dovrebbe logicamente dedurre che la mancata attuazione delle prescrizioni sanitarie ha conseguenze negative anche per i comuni ricorrenti, legittimando il loro ricorso.

Si tratta pertanto di una sentenza paradossale e contraddittoria, contro la quale i comuni ricorrenti non possono che presentare appello al CGA, affinchè il diritto alla salute dei cittadini della Valle del Mela venga finalmente riconosciuto. 

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Per approfondire:

La nota ISPRA che riporta i superamenti del limite:

La Raffineria chiude…anzi no, scherzava: continuerà ad inquinarvi indisturbata, almeno fino alla sentenza del TAR

E’ di alcuni mesi fa la gigantesca bufala della chiusura della Raffineria di Milazzo, data praticamente per certa non solo dalla stampa locale, ma anche dal TG regionale della RAI. Per settimane abbiamo assistito ad un susseguirsi di comunicati allarmati di sindacati e politici vari, giunti fino a Roma per cercare di scongiurare la presunta imminente chiusura di questo pachiderma industriale.

Un pachiderma che, pur dando lavoro a circa 1500 persone tra diretti e indotto (numeri peraltro spesso gonfiati), costituisce il principale responsabile di un inquinamento inaccettabile che interessa più di cento mila persone, su cui si registrano dati sanitari allarmanti.

Ad ogni modo, la non-notizia della chiusura era palesemente falsa, una sorta di “pesce d’Aprile” anticipato. Essa veniva attribuita ad un limite introdotto nella nuova autorizzazione ambientale (A.I.A.), riguardante i COV (composti organici volatili, costituiti in prevalenza da idrocarburi) emessi dal famigerato camino E10. Il Ministero è stato obbligato a inserire questo limite, a causa del ricorso di 7 comuni della valle del Mela contro l’A.I.A. del 2018 e della conseguente “verificazione” (una sorta di perizia tecnica) disposta dal TAR di Catania.

La RAM ed i sindacati compiacenti hanno affermato che tale limite fosse impossibile da rispettare, ma oggi vengono smentiti da un documento della stessa RAM, pubblicato da pochi giorni sul portale del Ministero (vedi nota [1]).

Si tratta dell’istanza con cui la RAM ha chiesto l’avvio di un nuovo riesame dell’AIA, in cui si legge che “la scrivente società…intende realizzare la modifica della linea di adduzione di idrogeno agli impianti zolfo…al fine di…ridurre la concentrazione di COV al camino E10“. Ma come, non dicevano che era impossibile ridurre la concentrazione di COV dal camino E10?

Dalla relazione tecnica allegata all’istanza si apprende inoltre che “l’attuale corrente di idrogeno non puro per la presenza anche di idrocarburi leggeri rappresenta una delle fonti certe di immissione di idrocarburi all’interno del processo… la presenza di questi ultimi in tali sezioni potrebbe contribuire in modo significativo alla concentrazione risultante di COV al camino”.

Ecco quindi svelata la verità: non è il nuovo limite ad essere irragionevole, bensì è l’utilizzo di idrogeno contaminato da idrocarburi ad essere responsabile di emissioni superiori rispetto al limite. Basta quindi utilizzare idrogeno più puro per mettersi a norma, cosa che la stessa RAM dichiara di poter fare in pochi mesi. Nella stessa relazione tecnica si legge infatti che “il Gestore prevede la realizzazione della nuova linea entro il mese di marzo 2022 e il successivo avvio dei test funzionali propedeutici alla messa a regime della stessa, prevista nel primo semestre 2022“.

Insomma, praticamente il problema è già risolto. E per questa “babbaria” hanno fatto allarmismo per mesi minacciando la chiusura!

Nel frattempo nessuno (a parte noi) ha parlato del vero scandalo della nuova AIA della Raffineria, ovvero il grave sopruso del Ministero che ha illegalmente evitato di inserire le prescrizioni sanitarie dei Sindaci, indispensabili per tutelare la salute dei cittadini.

Tra l’altro non solo non la ha recepite, ma per mesi il Ministero si è anche rifiutato di pubblicarle, quasi a volerne negare la stessa esistenza. Al termine della procedura tutti gli atti sono stati pubblicati, tranne le prescrizioni sanitarie. Solo di recente, dopo svariati solleciti, si sono decisi a pubblicarle (vedi nota [2]). Così adesso tutti possono finalmente verificarne contenuti e motivazioni: motivazioni che fanno tesoro dell’istruttoria sanitaria già condotta nel 2018, a cui si aggiungono nuovi inquietanti dati ambientali e sanitari. Leggendole si capisce come le prescrizioni individuate, atte fondamentalmente a ridurre le emissioni di SO2 e di idrocarburi (di tutta la raffineria, non solo del camino E10), sono assolutamente indispensabili e non più procrastinabili per tutelare la salute pubblica.

Ciò significa che l’abusivo atto del Ministero della finta transizione ecologica, ostinato a non voler recepire le prescrizioni sanitarie, equivale ad un mal celato atto di guerra contro il diritto alla salute dei cittadini della valle del Mela.

Un ignobile sopruso che per fortuna ha trovato una pronta risposta da parte delle amministrazioni comunali della valle del Mela. Infatti sei comuni, già ricorrenti contro l’AIA del 2018 (Pace del Mela, Santa Lucia del Mela, Monforte San Giorgio, San Pier Niceto, Merì e Condrò), adesso hanno impugnato al TAR anche quest’ultima nefandezza, contestando il mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie. Si tratta di un atto fondamentale sulla strada della liberazione della valle del Mela dall’inquinamento, il cui raggiungimento è stato un successo tutt’altro che scontato, considerato che, grazie alla bufala della chiusura, sulle prescrizioni sanitarie negli ultimi mesi è calata una sorta di cortina fumogena, quando non vero e proprio fango.

Peraltro stavolta anche il comune di San Filippo del Mela, come promesso, ha impugnato la nuova AIA con un ricorso autonomo, contestando anch’esso il mancato recepimento delle sue stesse prescrizioni sanitarie.

Non possiamo che apprezzare l’unità di intenti ritrovata nella valle del Mela per il nobile fine di ridurvi l’inquinamento ed i rischi sanitari, anche se si registra qualche defezione di per sè non determinante, ma comunque significativa (vedi Sindaco di Milazzo, che pur avendo sottoscritto a novembre le prescrizioni sanitarie assieme al Sindaco di San Filippo del Mela, oggi pare che non abbia impugnato il loro mancato recepimento).

Da anni ribadiamo l’importanza dei ricorsi al TAR sulle AIA della Raffineria. Se mai riusciremo a conseguire importanti riduzioni delle emissioni della RAM sarà proprio grazie a questi ricorsi, non certo grazie alle varie compagini politiche che si succedono al governo.

Proprio oggi cominciano ad arrivare i primi frutti di questi ricorsi, con la RAM costretta, tanto per cominciare, a ridurre le emissioni di COV dal camino E10. Ma questo non è che l’antipasto. Il nocciolo duro dei ricorsi punta ad attuare quelle prescrizioni sanitarie che il Ministero si ostina a non voler recepire. Prescrizioni che implicherebbero una significativa riduzione di quasi tutte le emissioni convogliate della Raffineria (SO2 in primis, ma anche polveri e NOx), nonchè delle emissioni non convogliate di COV, che ad oggi non hanno alcun limite, pur rappresentando la stragrande maggioranza degli idrocarburi emessi dalla Raffineria.

Si tratterebbe insomma di una svolta epocale per la valle del Mela. Ma per questo si dovrà aspettare la sentenza del TAR, che finora ha tardato ad arrivare: ma il 2022 potrebbe essere l’anno decisivo.

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Note:

[1] Documento scaricabile al seguente link: https://va.minambiente.it/File/Documento/612427

[2] Documento scaricabile al seguente link: https://va.minambiente.it/File/Documento/605179

Finalmente le prescrizioni sanitarie tornano alla ribalta nel dibattito sulla Raffineria

Venerdì si è tenuto un consiglio comunale straordinario a San Filippo del Mela sulla Raffineria di Milazzo. Pur non condividendo la scelta di non invitare le associazioni del territorio, dobbiamo constatare che finalmente il dibattito sembra essere stato ricondotto sui giusti binari.

Per settimane non si è parlato d’altro che delle lamentele della RAM per un limite di importanza secondaria sul camino E10. Lamentele dai toni spesso allarmistici, nonostante da anni lo stesso limite venga applicato senza problemi su altre raffinerie analoghe, come ad esempio quella di Augusta (che non è certo ai primi posti per rispetto dell’ambiente).

Ben più rilevante è la questione delle prescrizioni sanitarie, ovvero quei limiti indispensabili alla tutela della salute pubblica che nell’ultimo decreto autorizzativo sono stati illegittimamente omessi dal Ministero, sebbene correttamente espressi dai Sindaci di Milazzo e San Filippo del Mela.

Si è trattato certamente di un affronto nei confronti dei due Sindaci, ma anche e soprattutto di un grave sopruso a danno degli oltre 100 mila abitanti della valle del Mela e dintorni, che così facendo continuerebbero ad essere esposti ad ingiustificati rischi per la propria salute.

Proprio sul mancato recepimento di tali prescrizioni il Sindaco Gianni Pino ha annunciato un ricorso al TAR contro l’ultimo decreto AIA. Questo è l’elemento più concreto emerso nel corso del Consiglio straordinario. Ed in effetti, al di là di sterili polemiche e inutili giri di parole, è proprio questa la cosa principale da fare per tutelare tutto il territorio.

Il ricorso peraltro avrebbe tutte le carte in regola per vincere. E’ infatti palese l’abuso del Ministero, considerato che il recepimento delle prescrizioni sanitarie dei Sindaci è obbligatorio ai sensi dell’art. 29-quater, comma 6, del codice dell’ambiente. Evidentemente il Ministero ha preferito violare la legge pur di negare alla valle del Mela il diritto di respirare aria più pulita.

Che importa al Ministero se senza quelle prescrizioni i cittadini sono esposti a valori di SO2 di gran lunga superiori a quelli raccomandati dall’OMS? O se le emissioni fuggitive – puzzolenti e nocive -di idrocarburi volatili continueranno a impestare il territorio senza alcun limite? Che gliene importa delle patologie in eccesso nella valle del Mela, tra cui le malformazioni congenite (+80%, il dato più grave d’Italia!), la mortalità perinatale (+78%), l’asma, l’acromegalia (+136%), nonchè i vari tumori (al polmone, alla tiroide, al cervello, alla mammella, ecc…, per non parlare dei linfomi).

Le prescrizioni sanitarie rappresentano ad oggi l’unica speranza concreta di coniugare salute e lavoro nella valle del Mela. Per ottemperarle basterebbe implementare le migliori tecnologie disponibili, ma la Raffineria da 4 anni cerca di delegittimarle, diffondendo confusione e inesattezze.

Da parte nostra ribadiamo la piena legittimità e l’obbligatorietà delle prescrizioni sanitarie. Pertanto non potremo che sostenere il ricorso del Comune di San Filippo del Mela affinchè venga loro data attuazione a vantaggio di tutto il comprensorio. 

Il paradosso della RAM: la fa di nuovo franca sulle prescrizioni sanitarie e si lamenta pure

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Il Ministro Cingolani ha firmato il Decreto di modifica dell’A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale) della Raffineria di Milazzo. Il decreto è palesemente illegittimo in quanto non ha recepito le prescrizioni sanitarie dei sindaci, che avrebbero garantito la salute pubblica attraverso una ponderata riduzione dell’inquinamento.

 E’ paradossale che, benché ancora una volta le prescrizioni sanitarie siano state illegittimamente eliminate (stavolta senza il consenso dei sindaci), l’azienda, per bocca dei soliti accoliti sindacali,  paventi comunque un presunto rischio di chiusura.

In particolare la RAM si lamenta del limite di 20 mg/m3 previsto per i COV (composti organici volatili) emessi dal camino E10. Un limite inserito nell’AIA non per fare un dispetto alla RAM (figurarsi!), bensì perché, grazie ad un ricorso di vari comuni della valle del Mela, la verificazione disposta dal TAR ha accertato quello che dal 2018 abbiamo sempre evidenziato: la mancanza (o meglio, l’omissionedi diversi limiti, tra cui per l’appunto quello per i COV del camino E10.

Il limite inserito è del tutto identico a quello già applicato da anni alle altre raffinerie siciliane (ad esempio quella di Augusta). Peraltro finora la RAM ha sempre dichiarato che le emissioni di COV dal camino E10 fossero nulle o trascurabili, tant’è che non venivano neanche monitorate.

Pertanto se oggi la RAM si lamenta di non poter rispettare il limite di 20 mg/m3 significa che in passato ha dichiarato il falso sulla trascurabilità di tali emissioni?

Ma in definitiva cosa c’è di vero su questo paventato rischio di chiusura? Probabilmente ben poco: la verifica del rispetto di tale limite è affidata alla stessa RAM, mediante autocontrolli da effettuarsi ogni 6 mesi, in un giorno ed in un orario a proprio piacimento. Difficile credere che la chiusura della Raffineria possa derivare da una simile barzelletta.

E’ più verosimile che la Raffineria stia adottando la vecchia strategia del “lamentati se vuoi star bene”.

In effetti questa strategia si sta rivelando molto utile per distrarre sindaci e opinione pubblica dal vero grave sopruso perpetrato ancora una volta a danno della valle del Mela: l’eliminazione delle prescrizioni sanitarie.

Ridicolo il “contentino” escogitato per sostituire le prescrizioni: la RAM dovrà calcolare le ricadute delle proprie emissioni presso recettori individuati niente meno che dall’ASP di Messina (come se gli abitanti della valle del Mela non fossero tutti recettori validi).

Peccato che le ricadute delle emissioni sono già state calcolate dalla RAM (l’immagine nella copertina di questo articolo rappresenta proprio tali ricadute) e sono già state prese in considerazione nelle prescrizioni sanitarie dei Sindaci.

Insomma le prescrizioni sanitarie sono state eliminate con la scusa della necessità di dati che ci sono già e che sono già stati utilizzati per calibrare le prescrizioni stesse.

In altre parole, gli arroganti burocrati ministeriali non si sono presi neanche la briga di leggere le prescrizioni che hanno preteso di eliminare.

Ma quello che più conta è che le prescrizioni sanitarie erano e rimangono ineliminabili, in quanto da acquisire e recepire obbligatoriamente ai sensi dell’art. 29-quater, comma 6, del codice.

Quello che a questo punto dovrebbero fare i Sindaci, anziché inseguire le lamentele della Raffineria, dovrebbe essere ricorrere al TAR contro questa grave ingiustizia, nonché presentare un esposto al tribunale competente, visto che non è escluso che la vicenda possa avere anche profili penali

RAM, altro che assenza di rischi! Smentita la FAKE NEWS istituzionale: superato il limite per la SO2

Non bastava l’inquinamento dell’aria e del suolo prodotto dalla Raffineria, ci voleva pure l’inquinamento dell’informazione con notizie false prodotte dalle istituzioni pubbliche! Cioè da parte di chi dovrebbe tutelare i cittadini, anzichè ingannarli.

Il 7 ed il 24 agosto il territorio è stato invaso da nubi giallastre ed una puzza pestilenziale sprigionate dalla raffineria. Il 27 agosto la Prefettura di Messina ha diramato un comunicato secondo cui l’ARPA non avrebbe rilevato, in occasione di tali eventi, “sostanze a rischio per la salute pubblica” [1]. Oggi quella assurda dichiarazione risulta clamorosamente smentita dai documenti ufficiali della stessa ARPA, che mostrano una realtà ben diversa.

I tecnici dell’ARPA hanno infatti elaborato una relazione sulla qualità dell’aria registrata in concomitanza con “l’evento incidentale occorso presso la Raffineria di Milazzo il giorno 24 agosto 2021” [2].

La relazione riporta “il superamento del valore limite orario per la protezione della salute umana per il biossido di zolfo” (SO2) nella centralina di Barcellona Pozzo di Gotto, nonchè “alcuni spike di concentrazione media oraria di SO2 in altre stazioni”.

In particolare alle ore 18 del 24 agosto a Barcellona è stato registrata la media oraria di 969 µg/m³, mentre il valore limite è di 350 µg/m³.

Altro che assenza di rischi per la salute. A tal proposito la stessa relazione dell’ARPA evidenzia che “i valori guida dell’OMS sono stati superati sia in riferimento al giorno sia ai periodi medi della durata di 10 minuti”.

Tali valori sono stati individuati sulla base delle evidenze scientifiche internazionali: il loro superamento comporta significativi rischi per la salute pubblica.

Ad esempio l’OMS raccomanda per la SO2 il valore soglia di 20 µg/m³, espresso come media nelle 24 ore. Il valore medio misurato a Barcellona nell’arco delle 24 ore è stato di 65 µg/m³, vale a dire più del triplo della soglia raccomandata dall’OMS.

Purtroppo la legislazione italiana non ha ancora recepito i valori soglia raccomandati dall’OMS. Ciononostante persino l’attuale limite di legge sulla media oraria è stato superato del 176% (969 µg/m³ vs 350 µg/m³)! Ciò è molto significativo, in quanto si tratta di un evento generalmente raro: negli ultimi anni, tra tutte le stazioni di misurazione regionali, solo nella valle del Mela è stato rilevato diverse volte [3].

I valori preoccupanti riportati nella relazione dell’ARPA sono conseguenti alle emissioni della Raffineria di Milazzo? Secondo la relazione, vi è “una buona compatibilità” tra le emissioni della RAM ed i superamenti registrati a Barcellona. Infatti “è possibile che i fumi abbiano avuto un comportamento di tipo cross-over…ricadendo al suolo…in prossimità della stazione Barcellona Pozzo di Gotto”. Ricordiamo peraltro che la SO2 ha origine quasi esclusivamente industriale e che la Raffineria di Milazzo, già in condizioni “normali”, rappresenta la principale fonte di SO2 di tutto il comprensorio.

Se quel giorno la SO2 emessa dalla Raffineria ha investito prevalentemente Barcellona, rischi simili (o anche più gravi) riguardano ovviamente qualsiasi centro abitato della valle del Mela e dintorni. Già in occasione dell’altro evento del 7 agosto, l’ARPA aveva avvertito vari comuni in merito a picchi di SO2 registrati a Milazzo e Barcellona. Inoltre in tale occasione sono stati registrati picchi di benzene e idrocarburi a Milazzo e Pace del Mela. I picchi di benzene, in particolare, hanno superato di 8-9 volte i valori medi annuali.

Considerando tutto quanto sopra è evidente quanto sia inattendibile il comunicato della Prefettura del 27 agosto nella parte in cui afferma che, in occasione dei recenti disservizi alla raffineria, l’ARPA non avrebbe rilevato la “presenza di sostanze a rischio per la salute pubblica”.

Com’è nata questa clamorosa fake news istituzionale? Chi ne è il responsabile? Qual era il suo scopo? Buttare acqua sul fuoco, ingannando i cittadini? Coprire le responsabilità della Raffineria?

Domande inquietanti a cui la Prefettura farebbe bene a dare una risposta, oltre a rettificare chiedendo scusa alla cittadinanza. In caso contrario non farebbe altro che alimentare la sfiducia dei cittadini ed i facili sospetti di inaccettabili complicità e connivenze.

Note:

[1] https://www.interno.gov.it/it/notizie/messina-situazione-raffineria-milazzo-sul-tavolo-prefettura

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[3] Purtroppo la legge attuale ammette che si possa derogare tale limite fino a 24 volte in un anno.

La Transizione Ecologica nella valle del Mela? Impedita da industrie e poteri forti, ma non diamogliela vinta

Viviamo in un periodo che sicuramente passerà alla storia non solo per la pandemia e la crisi che ne è seguita, ma anche per la svolta verde che sembra aver preso l’economia. Le energie rinnovabili sono in forte crescita, la cosiddetta Green Economy vola nelle borse, mentre Elon Musk, il fondatore di Tesla, la principale casa produttrice di auto elettriche, è diventato l’uomo più ricco del pianeta. I governi di mezzo mondo sono pronti a massicci investimenti per contrastare la crisi economica scaturita dalla pandemia, ma dicono di volerlo fare in una direzione ben precisa: quella della “rivoluzione verde”, della “transizione ecologica” e della “decarbonizzazione” (ovvero la riduzione delle emissioni di CO2 dalle fonti di energia). Del resto il pianeta sta andando incontro ad una crisi climatica senza precedenti e non c’è più tempo da perdere.

Ma in concreto cosa significano queste nuove parole d’ordine per la Valle del Mela, da decenni messa in ginocchio da grosse industrie inquinanti? Pochi si sono resi conto che la decarbonizzazione, di cui oggi politici e giornalisti si riempiono la bocca, avrebbe potuto essere applicata nella valle del Mela già da 3 anni. Infatti proprio tre anni fa i Sindaci competenti, forse anche sull’onda della mobilitazione e di una inedita coscienza ambientale del territorio, si decisero finalmente a fare il proprio dovere, dettando le prescrizioni necessarie a tutelare la salute pubblica nell’ambito dell’ Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) della Raffineria. Per adempiere a tali prescrizioni la Raffineria avrebbe dovuto fare essenzialmente due cose:

  • per l’appunto “decarbonizzare”, ovvero sostituire i combustibili oleosi con combustibili gassosi, molto meno inquinanti sia in termini di CO2 che di polveri, metalli pesanti, SO2 e NOx;
  • introdurre degli accorgimenti per limitare le copiose emissioni fuggitive di idrocarburi volatili.

Ma la Raffineria si scagliò contro le prescrizioni sanitarie spalleggiata da certi sindacati fiancheggiatori. Addirittura anche amicizie influenti nel MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) intervennero in aiuto dell’insensata crociata contro la decarbonizzazione. Alla fine la RAM convinse in extremis i due Sindaci a firmare un accordo truffa, riuscendo così a scongiurare, con il beneplacito del Ministero dell’Ambiente, le prescrizioni sanitarie.

Una vicenda non certo regolare dal punto di vista amministrativo, tant’è che si trova al centro di un famoso ricorso presentato pochi mesi dopo al TAR di Catania. In un primo momento i giudici riconobbero l’urgenza del ricorso, considerate le gravi implicazioni sulla salute pubblica dei fatti contestati, e ne stabilirono la trattazione alla prima data utile, ovvero nel febbraio 2019. Ma poi (chissà come mai), vennero sostituiti da altri giudici che non sembrano finora aver riconosciuto tale urgenza. Infatti la decisione, per un motivo o per un altro, è stata di volta in volta rimandata. 

Nel frattempo anche il Commissario Straordinario di San Filippo del Mela ed il Sindaco Metropolitano di Messina dell’epoca si accorsero del grave errore e chiesero al nuovo Ministro dell’Ambiente Costa di correggerlo. Si trattava in pratica di annullare la famigerata Conferenza dei servizi, evidentemente illegittima, che fece fuori le prescrizioni sanitarie. Analoga richiesta l’abbiamo fatta anche noi, in una lettera consegnata brevi manu e discussa con il Ministro durante la sua visita a Milazzo del maggio 2019. Ma il Ministro Costa nulla ha fatto in questo senso, permettendo alla Raffineria di continuare ad inquinare indisturbata.

Un’altra occasione mancata di decarbonizzazione è stata quella del Piano di tutela della qualità dell’aria, approvato dalla Regione nell’estate 2018. Le misure del Piano si articolavano in due step:  il primo, riconosciuto come raggiungibile anche dalla stessa RAM, sarebbe entrato in vigore nel 2022, mentre l’altro, contestato dai gruppi petroliferi, nel 2027. In entrambi i casi si trattava sempre di decarbonizzare le raffinerie, ovvero di sostituire i combustibili oleosi con quelli gassosi. Ripartì la solita crociata anti-decarbonizzazione, con il pieno coinvolgimento di sindacati fiancheggiatori e mass-media. Dal canto suo, il governo regionale si mostrò disposto a venire incontro ai petrolieri. Ma a togliergli le castagne al fuoco ci pensarono i giudici del Tar di Palermo, che dopo ben otto mesi di “riflessione” decisero di annullare tutti i limiti previsti nel Piano per raffinerie e altre industrie inquinanti, scongiurando anche stavolta la decarbonizzazione.

Capitolo chiuso quindi? Non di certo. Nel novembre 2020 il verificatore nominato dal Tar di Catania ha dato ragione al ricorso contro l’AIA della Raffineria di Milazzo: ha riconosciuto che l’accantonamento delle prescrizioni sanitarie ha fatto sparire persino diversi limiti già vigenti prima del 2018. Pur di non andare incontro ad una sconfitta certa, il Ministero dell’Ambiente ha quindi deciso di avviare un nuovo riesame dell’A.I.A. della Raffineria, chiedendo, con questa scusa, l’ennesimo rinvio (accordato) della decisione dei giudici del Tar di Catania. 

È ovvio che nell’ambito di questo riesame si ripresenta l’obbligo per i Sindaci competenti di esprimere le necessarie prescrizioni a tutela della salute pubblica. Il 2021 sarà quindi l’anno decisivo per le prescrizioni sanitarie e la decarbonizzazione della Raffineria? Certamente è un obiettivo concreto per il quale il territorio (cittadini, associazioni ed enti locali) si deve battere.

Come sappiamo nella Valle del Mela c’è anche una grossa centrale termoelettrica. Negli ultimi anni a livello nazionale le fonti rinnovabili (eolico, solare, ecc…) hanno sostituito buona parte della produzione termoelettrica. Sgravare la valle del Mela da tale produzione era una delle promesse del controverso elettrodotto di Terna.  Invece, in controtendenza con quanto avviene a livello nazionale, la valle del Mela rischia di subire un incremento della produzione termoelettrica e anche un ulteriore impianto (ridondante) di bilanciamento della rete, proposto dalla Duferco

Infatti il “combinato disposto” delle nuove Centrali A2A e Duferco, sebbene a metano, potrebbe far crescere le emissioni di NOx del 444% rispetto alle emissioni registrate nel 2019 da parte della odierna Centrale A2A. Gli NOx sono tra i principali precursori dell’ozono troposferico, specie nella valle del Mela dove si combina con gli elevati livelli di idrocarburi non metanici. Una delle principali criticità ambientali che la rete Arpa è riuscita a rilevare nella valle del Mela è proprio il superamento dei valori di ozono (e per rilevarlo la rete Arpa, con le note carenze, vuol dire che la situazione è davvero grave). 

Chiaramente le emissioni della Centrale Duferco sarebbero largamente inferiori rispetto a quelle di A2A o della RAM, ma comunque non trascurabili. Almeno il progetto della nuova Centrale A2A prevede la fermata (e si spera anche lo smantellamento, come abbiamo chiesto) della vecchia Centrale, con conseguenti innegabili vantaggi ambientali sui livelli di polveri e SO2. Invece il progetto Duferco non prevede la fermata di alcun vecchio impianto e la sua funzione di bilanciamento della rete potrebbe essere benissimo assolta dal nuovo impianto A2A. Insomma, oltre il danno la beffa: non solo la valle del Mela continuerà a sacrificarsi per l’interesse nazionale, ma lo farà anche senza alcun criterio logico.

Sul progetto della nuova Centrale A2A abbiamo chiesto prescrizioni volte a scongiurare l’incremento degli NOx, oltrechè allo smantellamento della vecchia centrale. Sulla nuova Centrale Duferco, invece, abbiamo anche inviato al Ministro dell’Ambiente un dettagliato ricorso gerarchico contro la decisione, palesemente illegittima, di escluderla dalla Valutazione di Impatto Ambientale. Lo stesso hanno fatto anche alcuni cittadini di Pace del Mela, ma dal Ministro Costa abbiamo ottenuto solo un imbarazzante silenzio. Cosa farà ora il nuovo Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani?