Raffineria di Milazzo, “trivelle”, ecc: le autorizzazioni sono del precedente governo, ma perchè non vengono revocate?

Sono di questi giorni le polemiche e i veleni sulle autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi nello Jonio. Polemiche che denotano in generale tanta ignoranza sul funzionamento delle procedure amministrative, in primis da parte dei mass media.

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Luigi Di Maio

Volendo riassumere, c’è chi accusa l’attuale governo, ed in particolare il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa e il Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, di aver tradito le promesse, rilasciando le suddette autorizzazioni. C’è chi addirittura adombra spaccature tra Di Maio (capo del M5S) e Costa (anch’esso di area M5S): il primo avrebbe autorizzato, mentre l’altro sarebbe contrario.

Il ministri interessati, dal canto loro, si difendono chiarendo che la responsabilità delle suddette autorizzazioni è del precedente governo Gentiloni.

Ma come stanno realmente le cose? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. L’iter autorizzativo per questo tipo di attività è rappresentato, come nel caso dell’inceneritore che abbiamo seguito da vicino, dalla Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.), gestita dal Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero dei Beni Culturali.

Nel caso delle autorizzazioni oggi al centro delle polemiche, le relative procedure V.I.A. si sono concluse nel 2017, con l’emanazione di decreti di compatibilità ambientale firmati dall’ex Ministro Galletti. Perchè allora le polemiche di questi giorni? Perchè il 31 dicembre sono stati pubblicati dei decreti con cui anche il Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) ha concesso l’autorizzazione finale a tali attività [1]. Molti se la sono presa con Di Maio, ma quest’ultimo in effetti stavolta non ha una diretta responsabilità. Non bisogna infatti confondere i Ministri con i relativi Ministeri, i cui atti non sempre passano dalle mani dei Ministri. Infatti i decreti del Mise in questione non sono stati rilasciati dal Ministro Di Maio, ma dal Direttore competente del Mise (l’ing. Dialuce). Questo perchè si è trattato di una normale (e obbligata) formalità amministrativa, conseguente ai decreti di compatibilità ambientale rilasciati nel 2017.

Rischiano quindi di fare un buco nell’acqua i vari Governatori regionali (in primis il Governatore della Puglia Michele Emiliano) che hanno dichiarato di voler impugnare questi ultimi decreti del Mise: semmai andavano impugnati i decreti di compatibilità ambientale firmati da Galletti nel 2017, ma ormai è troppo tardi.

L’unico che potrebbe fare qualcosa per evitare le suddette trivellazioni, a questo punto, è il Ministro dell’Ambiente Costa.

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Sergio Costa

Infatti la legge da la possibilità all’autorità che ha rilasciato un provvedimento di revocarlo o annullarlo per motivi di interesse pubblico. In questo caso il Ministro Costa potrebbe quindi revocare i decreti di compatibilità ambientale rilasciati dal suo predecessore Galletti.

Con un post su facebook il Ministro Costa ha chiarito che le autorizzazioni in essere sono state rilasciate dal precedente governo, e che lui non firmerà alcuna ulteriore autorizzazione per trivelle o air gune. Inoltre il Ministro ha dichiarato che lavorerà “per inserire nel dl Semplificazioni una norma per bloccare i 40 permessi pendenti come ha proposto il Mise” [2]. Si tratterebbe insomma di bloccare per legge air gun e trivellazioni, un po’ come fatto nel 2010, quando però sono state bloccate solo le attività entro 12 miglia dalla costa. Se l’annunciato intervento legislativo fosse stato fatto prima di dicembre, probabilmente non avremmo avuto le autorizzazioni del Mise oggi al centro delle polemiche. Sulla eventuale retroattività delle modifiche normative ci permettiamo comunque di avanzare qualche dubbio.

Il Ministro non ha invece parlato della possibilità di revocare o annullare – con uno specifico atto amministrativo – le precedenti autorizzazioni.

Siamo quindi di fronte ad un caso per certi verso analogo a quello della Raffineria di Milazzo.

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G.L. Galletti

Nel maggio 2018 l’ex Ministro Galletti ha firmato “in extremis” (cioè subito prima di andarsene) il tanto contestato decreto di rinnovo dell’A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale) alla Raffineria di Milazzo.

Nel mese di giugno, non appena il nuovo Ministro Costa si è insediato, gli sono state recapitate, da parte dell’allora Commissario straordinario di San Filippo del Mela Biancuzzo e dell’ex Sindaco Metropolitano di Messina Accorinti, due istanze dettagliate che chiedevano l’annullamento degli aspetti illegittimi del decreto AIA rilasciato poco prima da Galletti. Tali istanze contestavano in particolare:

  1. l’assenza nel decreto AIA delle “prescrizioni sanitarie“, che avrebbero implicato una sensibile riduzione delle emissioni inquinanti pericolose per la salute e l’introduzione di limiti alle emissioni odorigene, reputate responsabili dei fetori asfissianti di cui spesso soffre la valle del Mela;
  2. il fatto che la nuova AIA risulti addirittura meno restrittiva di quella precedente riguardo ad alcuni limiti, sebbene ciò sia espressamente vietato dalle norme in materia.

Il Ministro Costa non ha però dato alcun seguito a tali istanze. Tanto che, per ottenere la correzione del decreto AIA, sette comuni della valle del Mela hanno dovuto presentare un ricorso, ottenendo la fissazione urgente dell’udienza finale, che si terrà il prossimo 28 febbraio.

Ricordiamo che sulla questione anche la Sen. Barbara Floridia ha recentemente presentato una interrogazione al Ministro Costa. La risposta del Ministro per certi versi è stata interessante, perchè ha reso di dominio pubblico le violazioni commesse dalla Raffineria in relazione allo sversamento di idrocarburi nel marzo 2018, su cui sono in corso le indagini della magistratura [3]. D’altro canto il Ministro non è però entrato esplicitamente nel merito della questione dell’A.I.A.

E’ come se l’attuale governo avesse un certo timore a revocare provvedimenti o nomine del precedente governo.

Nel caso della revoca di precedenti autorizzazioni, talvolta i “timori” potrebbero essere spiegati con l’esigenza di non esporre lo Stato al rischio di dover pagare ingenti penali. Rischio concreto nel caso del TAP, le cui autorizzazioni risalgono a molti anni addietro, ma non certo negli altri casi. Il decreto di compatibilità ambientale sulla ricerca di idrocarburi poteva essere revocato benissimo senza incappare in alcun rischio di penali, almeno finchè il Mise non desse il suo OK finale. Anche oggi che l’autorizzazione finale è in vigore soltanto da una settimana, il rischio di penali è ancora poco significativo. Nel caso della Raffineria di Milazzo invece non si tratterebbe di annullare in toto l’autorizzazione, ma solo di correggerla, quindi il  problema delle penali non si pone neanche.

Insomma, dire che “è colpa del precedente governo”, benchè formalmente corretto, non basta a risolvere i problemi. Nel caso della Raffineria di Milazzo ci hanno pensato vari comuni a “metterci una pezza”, presentando il ricorso auspicato da diverse associazioni come la nostra: fra meno di due mesi vedremo se sarà fatta giustizia. Nel caso delle attività di ricerca di idrocarburi un ricorso oggi sarebbe invece troppo tardivo.

Caro Ministro Costa, visto che ora al governo c’è lei, perchè non utilizza il potere di autotutela che la legge le mette a disposizione, revocando o annullando i provvedimenti più controversi del suo predecessore?

 

Note:

[1] Bollettino ufficiale degli idrocarburi del 31 dicembre 2018, si vedano i permessi rilasciati alla Società “Global Med” – https://unmig.mise.gov.it/images/buig/62-12.pdf

[2] https://www.facebook.com/SergioCostaMinistroAmbiente/posts/526212624555788

[3] https://cittadinicontroinceneritore.org/2018/12/09/la-raffineria-ha-violato-le-prescrizioni-aia-la-clamorosa-gaffe-di-oggimilazzo-incappata-nel-depistaggio-il-documento-che-la-smentisce/

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