Era il mese di Marzo 2018. In ballo c’era il rinnovo dell’autorizzazione alla Raffineria. E soprattutto i limiti che quest’ultima avrebbe dovuto rispettare nei prossimi 12 anni. Il Commissario di San Filippo del Mela e il Sindaco di Milazzo, in qualità di massime autorità sanitarie locali, avevano già emesso le famose “prescrizioni sanitarie“, volte ad una significativa riduzione dell’inquinamento. Nuovi limiti imposti dai risultati di svariati studi epidemiologici, anche recenti, che hanno riscontrato la presenza di numerosi problemi sanitari nella zona, potenzialmente riconducibili all’inquinamento industriale.
Tutto era pronto: mancava solo l’approvazione finale. La Raffineria, spalleggiata da certi sindacalisti fidati, cercò di correre ai ripari convincendo il Sindaco Formica a firmare un “accordo“. All’ultimo minuto, con la complicità di funzionari del Ministero dell’Ambiente, anche il Commissario Biancuzzo si lasciò trascinare. Cosa prevedeva l’accordo? La rinuncia alle prescrizioni sanitarie, in cambio di 2 centraline e di un nuovo studio sanitario finanziato dalla RAM.
Il risultato tangibile è che la gente continua a morire di puzza e non solo di puzza. Oggi il sindacalista Pino Foti difende quell’accordo. E lo fa in modo surreale e a tratti farneticante. Eppure da quello che dice, tra le righe, si possono dedurre alcune sconcertanti verità.

Secondo Pino Foti quelle prescrizioni sanitarie avrebbero messo la Raffineria “fuori mercato”. Alibi tutto da dimostrare, visto che i limiti imposti in quelle prescrizioni sono tutt’altro che impossibili da rispettare: basterebbe implementare l’impianto con specifiche tecniche oggi disponibili; utilizzare solo combustibili gassosi, anzichè oleosi; sigillare meglio i serbatoi e riparare gli sfiati delle “emissioni fuggitive” di idrocarburi, responsabili – con ogni probabilità – dei miasmi pestilenziali che frequentemente inondano il territorio.
In ogni caso è troppo comodo dire “non possiamo ridurre le emissioni se no andiamo fuori mercato”. E noi dovremmo continuare a rischiare la nostra vita per mantenere alti i vostri profitti??
Comunque torniamo alle dichiarazioni di Pino Foti, riportate da OggiMilazzo: come dicevamo, secondo Foti le prescrizioni sanitarie avrebbero messo “l’impianto fuori mercato“. Ma è l’affermazione subito successiva ad essere molto interessante: “Esse non sono state affatto “mandate a monte”, e come tutti sanno entreranno o meno in vigore sulla base dei risultati degli studi che saranno effettuati”.
A onor del vero nell’accordo non c’è scritto proprio così. Però, volendo seguire Pino Foti nel suo ragionamento, che significato ha quello che dice?
Poniamo per un attimo che le prescrizioni sanitarie possano davvero mettere la RAM fuori mercato: cosa cambierebbe aspettare questi nuovi “studi”? Nel caso in cui le criticità sanitarie venissero confermate, il “problema” si ripresenterebbe tale e quale: stando a quanto afferma Pino Foti, le prescrizioni entrerebbero comunque in vigore. Quindi, secondo lui, le prescrizioni sanitarie sarebbero temibili adesso e non lo sarebbero più dopo gli “studi”? Che senso ha?
Il ragionamento di Foti si può spiegare solo in questi termini: o è consapevole di mentire quando afferma che le prescrizioni sanitarie mettono l’impianto fuori mercato, oppure sa che i risultati degli “studi” sono “già scritti” e che dovranno essere tali da evitare le prescrizioni.
Noi ci auguriamo che in Italia, tutto sommato, ogni tanto valga lo stato di diritto. Quelle prescrizioni non potevano essere revocate: la legge prevede infatti che un provvedimento possa essere revocato solo in determinati casi e a determinate condizioni, che non sussistono per le prescrizioni sanitarie. Anche l’ex Commissario Biancuzzo e l’ex Sindaco Metropolitano di Messina se ne erano accorti e, già a partire da Aprile, avevano chiesto al Ministero dell’Ambiente di sanare la procedura. Ma il Direttore Lo Presti e l’ex Ministro Galletti hanno preferito emanare un’autorizzazione illegittima. Adesso il TAR Catania dovrà pronunciarsi su un apposito ricorso, da noi fortemente auspicato, presentato da vari comuni della valle del Mela. La decisione è stata fissata per il 28 febbraio 2019. Ci auguriamo che il TAR ripristini le prescrizioni sanitarie illegittimamente revocate.
Quanto al fantomatico studio finanziato dalla Raffineria, oltre ad essere inutile e pretestuoso, che autorevolezza potrà mai avere rispetto agli studi epidemiologici dell’Istituto superiore di Sanità, dell’Assessorato regionale alla salute e del mondo accademico, che hanno già riscontrato, anche di recente, incrementi preoccupanti di malformazioni congenite, mortalità perinatale e di varie patologie correlabili all’inquinamento industriale?