L’emergenza rifiuti che attanaglia la Sicilia ha un chiaro colpevole: il grave ritardo della differenziata. Ciò è evidente a chiunque: dove la raccolta differenziata non esiste o quasi le strade sono stracolme di rifiuti, dove c’è la differenziata il servizio funziona regolarmente.
Eppure c’è ancora chi vorrebbe approfittare dell’emergenza per riproporre l’inceneritore di A2A (magari utilizzando nomignoli più indolori come “termovalorizzatore”), sebbene i cittadini abbiano già dimostrato la propria contrarietà con referendum e manifestazioni.
In realtà è illogico prenderlo in considerazione come soluzione per l’emergenza, anche solo per il fatto che ci vorrebbero 3 anni per realizzarlo. L’implementazione della differenziata e la realizzazione di impianti finalizzati al riciclaggio sono senz’altro soluzioni molto più rapide.
Ma se l’inceneritore di A2A fosse già stato operativo, cosa cambierebbe rispetto all’emergenza che stiamo subendo? Assolutamente nulla. Esso verrebbe alimentato con 500 mila tonnellate l’anno di CSS, ovvero la frazione combustibile dei rifiuti (in prevalenza composta da plastica e carta). Il CSS viene prodotto in impianti che lo separano dal resto dei rifiuti e lo classificano. Impianti che in Sicilia non esistono: l’inceneritore al momento potrebbe essere alimentato solo con CSS di altre regioni. Insomma, oltre il danno la beffa: non solo i cittadini dovrebbero subire i veleni emessi bruciando rifiuti da mezza Italia, ma la monnezza rimarrebbe comunque nelle nostre strade. Si illudono poi coloro che pensano che l’inceneritore possa comportare un risparmio sulle bollette della luce: l’impianto genererà una potenza di soli 60 MWh contro i 960 MWh dell’ attuale centrale.
Gli epidemiologici sono chiari: “qualcuno morirà a causa dell’inceneritore” [1]. Che gli inceneritori facciano vittime è quindi una certezza. Potranno essere di più o di meno a seconda delle dimensioni dell’inceneritore e del modo con cui viene gestito, ma ci saranno. Una politica che punta sugli inceneritori, anziché sulle alternative che le direttive europee [2] ci indicano, è una politica incosciente ed irresponsabile, per non dire altro. L’unico modo per risolvere rapidamente e definitivamente il problema è quello di istituire l’obbligo di raccolta differenziata porta a porta con tracciabilità dei sacchetti ed esautorare i sindaci che non lo applicano. Nel frattempo bisogna implementare l’impiantistica, quella giusta però: innanzitutto impianti di compostaggio e di trattamento dei rifiuti indifferenziati (TMB) all’avanguardia, come le cosiddette “fabbriche dei materiali”. Si tratta di impianti capaci di recuperare materia dall’indifferenziata per avviarla al riutilizzo e/o riciclaggio. Impianti più economici degli inceneritori, che non inquinano e che producono meno residui da inviare in discarica: esistono già con successo in alcune zone del Veneto [3] e da quest’anno anche a Reggio Emilia [4].
A guadagnarci sarebbero i cittadini: la TARI è tanto più “salata” quanto più è carente la differenziata nel proprio comune. Portare i rifiuti in discarica è molto più costoso che praticare la raccolta porta a porta, che peraltro ha il vantaggio di creare molti più posti di lavoro. Smaltire i rifiuti negli inceneritori è ancora più caro: ad esempio costa 305 € a tonnellata nell’inceneritore di A2A nel napoletano [5].
Sia le discariche che gli inceneritori vengono pagati con i soldi dei cittadini per inquinare. E hanno tutto l’interesse per ritardare all’infinito la differenziata. E’ necessario che la Sicilia si affranchi da questo genere di cricche, non che si consegni da una cricca all’altra.
Comitato dei cittadini contro l’inceneritore del Mela
Note:
[1] http://www.dire.it/13-06-2016/59167-inceneritore-lepidemiologo-ci-saranno-morti-sicuro/
[2] La Direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti indica che prevenzione, differenziata e riciclaggio debbano avere priorità su inceneritori e discariche