Sebbene tutti i sondaggi mostravano una propensione favorevole degli italiani verso i contenuti di questo referendum, alla fine si sono avverate le previsioni più realistiche circa l’effettiva affluenza al voto.
Com’era prevedibile, si è trattato quindi dell’ennesima causa sacrosanta svilita da un quorum antidemocratico, concepito per far fallire ogni referendum e conservare tutto il potere decisionale nelle mani dei politici.
Tuttavia, sebbene oggi mass-media e politici si affannino a farci credere che sia stato tutto inutile, è vero l’esatto contrario. Probabilmente già ieri pomeriggio alcuni ci sono cascati e, sconfortati dalla lontananza del quorum, non sono andati a votare pensando che fosse inutile. Niente di più sbagliato.
Spesso si ignora che il valore politico di un referendum prescinde dalla sua validità giuridica. Se il referendum di ieri, come molti altri negli ultimi decenni, non sono riusciti a tradursi in effetti giuridici a causa del quorum, non significa che non abbiano avuto alcun valore politico. I quasi 16 milioni di italiani che ieri sono andati a votare hanno infatti espresso una chiara volontà politica, nell’86% dei casi favorevole all’abrogazione della norma pro-trivellazioni.
Una volontà che, sebbene non sufficiente a produrre effetti tangibili in questo momento, non è detto che non lo sia in futuro, con mutati scenari politici.
Quindi a cos’è servito il referendum di ieri? Innanzitutto a far capire che l’eventuale abrogazione di questa norma piacerebbe a 14 milioni di italiani, mentre non piacerebbe solo a 2 milioni. E con tale dato, volenti o nolenti, i politici devono fare i conti. Oltre al fatto che oggi, grazie al referendum, una larga fetta della popolazione è consapevole di un tema fino al mese scorso praticamente ignorato.
Poco importa, da questo punto di vista, che due italiani su tre non abbiano votato. Perché l’astensione, a rigor di logica, vuol dire “per me non fa differenza” e “non voglio influire né in un senso né nell’altro”.
Tra l’altro, di per sé la democrazia diretta implica la possibilità per tutti di partecipare al processo decisionale, ma non l’obbligo. La partecipazione richiede per ognuno un certo dispendio di risorse (ad esempio spendere del tempo per documentarsi e formarsi un’opinione) ed è naturale che alla fine la maggior parte cercherà di concentrare le proprie energie su alcune questioni anziché su altre. Quindi in un’ideale democrazia diretta sarebbe perfettamente normale che su ogni questione si esprima solo una parte, anche minoritaria, della popolazione: la parte più informata e interessata a quella specifica questione. Anzi, in effetti in origine una siffatta “autoselezione” era un vantaggio, non uno svantaggio per il funzionamento della democrazia diretta (si pensi ad esempio all’impossibilità di far entrare tutta la popolazione nell’Agorà ateniese).
Quindi in realtà, più che la presunta scarsa partecipazione, è il quorum a mutilare la democrazia referendaria. Peraltro è verosimile che senza quorum ad ogni tornata referendaria la partecipazione sarebbe significativamente maggiore. Infatti il quorum disincentiva a votare sia i favorevoli al referendum (che potrebbero essere indotti a pensare che “tanto votare è inutile, perché raggiungere il quorum è difficilissimo”), sia i contrari (che puntano, come Renzi, al mancato raggiungimento del quorum).
Da parte nostra auspichiamo che finalmente si formi un ampio movimento per l’abolizione del quorum, per vari motivi:
– perché è il modo più efficace per dare nuova linfa vitale al referendum ed alla partecipazione democratica;
– per evitare che 300 parlamentari nominati contino di più della volontà di 14 milioni di italiani, come successo ieri;
– perché è ormai chiaro a tutti che il quorum è diventato un escamotage iniquo ed antidemocratico per far fallire ogni referendum;
– perché il quorum non è previsto per il referendum confermativo sulle riforme costituzionali, né per tutte le altre consultazioni elettorali;
– perché con il quorum il non-voto della maggioranza inconsapevole dei cittadini, che non vorrebbero influire né in un senso né nell’altro, viene impropriamente trasformato in “NO” e fatto prevalere sulla scelta dei cittadini che invece si recano alle urne;
– perché, come abbiamo visto, il quorum disincentiva a recarsi alle urne sia molti “SI”, ma soprattutto molti “NO”, i quali per vincere ritengono molto più facile aggregarsi alla massa di cittadini che non si recano alle urne per vari motivi;
– in tal modo di fatto viene meno la segretezza del voto, perché è palese che chi va a votare lo fa nella stragrande maggioranza dei casi per votare “SI”;
– grazie al quorum si produce spesso la situazione paradossale per cui i “SI” perdono non per una prevalenza dei “NO” (com’è legittimo in democrazia e come storicamente si è verificato in referendum molto partecipati come quello sul divorzio), bensì proprio per carenza di “NO”. Infatti se ieri ci fossero stati 10 milioni in più di NO, paradossalmente i SI avrebbero vinto a tutti gli effetti.
C’è da dire che un timido passo in avanti è previsto nel ddl Boschi, ovvero la riforma costituzionale che verrà sottoposta a referendum confermativo il prossimo ottobre. Nel testo della riforma è infatti previsto che, qualora il comitato promotore riuscisse a raccogliere 300 mila firme in più rispetto alle 500 mila necessarie (per un totale di 800 mila firme), il quorum da raggiungere si abbasserebbe alla metà dei votanti nelle ultime elezioni politiche (anziché la metà degli aventi diritto).
Ma anche se questa riforma dovesse andare in porto, il quesito referendario anti-inceneritori (che punta all’abrogazione dell’art.35 dello “sblocca italia”), per il quale è partita di recente la raccolta firme, non farebbe in tempo a beneficiarne. Ciò non significa che sia inutile raccogliere le firme. Soprattutto perché questo quesito dovrebbe far parte di un insieme eterogeneo di sei quesiti, e storicamente quando la gente è chiamata a votare per diversi quesiti eterogenei le chance di raggiungere il quorum sono maggiori.
Perciò non diamoci per vinti e firmiamo per questo come per gli altri 5 quesiti per i quali è in atto la raccolta firme (referendumsociali.info). Peraltro tra questi vi è anche un nuovo quesito blocca-trivellazioni.
Prossimamente aggiorneremo i cittadini su dove e quando sarà possibile firmare nel nostro comprensorio.